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AGGIORNAMENTI

* L' Athletic Club Modena (dal 1965 al 1998) * Le Tradizionali Vacanze Invernali sulle Dolomiti del Prof. Zucchini
* Il Potenziamento muscolare * Passo San Pellegrino e dintorni
* Gli agonisti * Sul balcone
* Il Prof.  Erio Soragni * Figli o cotechini al Nevegal
* Il Sindaco Camillo Beccaria * Solda -
* Le Brigate Gialloblu in San Biagio * Campitello
* Le Cene Sociali * Scontri al Passo di San Pellegrino
* I Premiati * Pinzolo
* Anabolizzanti e steroidi * L'incidente di Andalo
* Primo Trofeo Grandi buche * Sci Club Modena
* Il crollo *
* Attività successiva alla chiusura dell'Athletic *
* Immagini dell'Athletic Club * Immagini delle Tradizionali Vacanze

Ritorna ad anni 60

L' Athletic Club Modena (dal 1964 al 1998)

 La Palestra “in centro”

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Dopo una serie di corsi di avviamento allo sport organizzati nella palestra della Scuola di Via Grasolfi ed in seguito alle numerose richieste di tanti genitori, che mi chiedevano di tenere  corsi  di ginnastica per i loro bambini, non esistevano né da parte della Scuola elementare, né da parte dell’Ente locale, tanto meno da parte di privati, attività del genere, se non in alcune società sportive dove si privilegiava l’impostazione fisica esclusivamente in funzione di quella determinata disciplina.

Ritenni che era il momento di intraprendere iniziative atte a dare ai bambini modenesi, del primo e secondo ciclo della scuola elementare, un aiuto nella loro crescita, creando dei corsi di ginnastica e d’avviamento generico agli sport.

Avendo avuto un incontro occasionale con un amante del sollevamento pesi e della “cultura fisica”, Mauro Borsari, ci trovammo entrambi entusiasti all’idea di aprire una palestra. Decidemmo pertanto di prendere in affitto dei locali in Via del Carmine, per avviare un’attività che comprendesse la possibilità di svolgere attività fisica per tutti, dai bambini agli adulti. 

Nasce così nel Marzo del 1965 l’ATHLETIC CLUB, la prima palestra di nuova concezione, non solo del modenese, ma sicuramente di vastissime zone del territorio nazionale.

Avviammo l’attività con i pochi uomini che desideravano curare il loro corpo con le prime ed artigianali macchine per il fitness e il culturismo, con i manubri e i bilancieri,  avviando così una prima concezione dell’allenamento muscolare anche per gli agonisti, attraverso le prime e poi sempre più elaborate concezioni dello studio dell’ipertrofia muscolare, non solamente a fini estetici ma fondamentalmente  per scopi funzionali.

Molto spazio ho dedicato, e non solo inizialmente, alla “ginnastica correttiva”, per la ricerca del recupero, attraverso una sana e corretta attività motoria, di quelle forme di paramorfismo vertebrale, quali ad esempio, la cifosi, la lordosi e la scoliosi. Ero consigliato e sostenuto in questa mia attività da alcuni pediatri ed ortopedici, che ritenevano che l’attività motoria fosse importantissima per la crescita del ragazzo, e che, in seguito ad una serie di buoni risultati ottenuti con giovani e giovanette, continuarono ad inviarmi piccoli e anche più grandicelli, “pazienti”. Sul territorio vi erano alcuni colleghi che svolgevano questo tipo d’attività, tra i più noti cito, il Prof. Carlo Bassini e il Prof. Federico Traetta, che avevano praticamente i loro “studi”, in casa.

Mi sono impegnatoi a fondo, lanciando anche molti corsi di ginnastica educativa e formativa per i bambini del primo e secondo ciclo della scuola elementare che ottennero un grosso successo e diedero la possibilità di resistere economicamente, permettendomi di avviare contemporaneamente, corsi di ginnastica a corpo libero per adulti i quali, all’inizio, erano frequentati da soli uomini, mentre si andava via via sviluppando, da parte della componente femminile, l’interesse per la ginnastica, tanto che a distanza di pochi anni ebbero, le donne, la prevalenza nelle iscrizioni.

La società in quegli anni si andava trasformando rapidamente e con una certa gradualità si prese coscienza della necessità di una sana, equilibrata e corretta attività fisica.

Contemporaneamente dedicavo le mie energie e le mie competenze professionali alla preparazione atletica di soggetti agonisti, in varie discipline sportive, delle quali avrò modo di parlarne più diffusamente.

Sono sempre stato convinto dell’utilità dell’iniziativa, avendo ritenuto, sin dall’inizio della mia carriera d’insegnante, quale fosse l’alto valore morale e sociale che deve avere l’attività motoria nella formazione del giovane.

I primi anni sono stati particolarmente difficili in quanto i tempi non erano ancora maturi ad una visione più aperta verso il benessere del corpo ottenuto attraverso una sana attività ginnastica. In seguito, anche per una graduale apertura della mentalità dei fruitori di questi servizi (per i comportamenti della scuola, dei mass media, e della televisione) la situazione si è evoluta e molti altri si sono portati sul percorso tracciato.

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Il Potenziamento muscolare

Ho altresì la presunzione di considerarmi un precursore nel campo della preparazione fisica attraverso il potenziamento muscolare con i pesi, oggi accettato da tutte le discipline sportive, negli anni 50, ad esempio, in atletica leggera, tale concetto era considerato un eresia, ma in particolare sono soddisfatto per aver dato, a tante persone comuni, (i non campioni) la possibilità di svolgere un attività fisica, non per l’ottenimento di un record o della vittoria in una partita, ma funzionale alle caratteristiche fisiche di ciascuno, in base all’età, al peso corporeo, all’altezza e non alla disponibilità o meno di raggiungere risultati a tutti costi, che, molte volte andavano a scapito della stessa salute psicofisica dell’individuo.

Avrò il piacere di citare in queste note tanti personaggi della comunità modenese che dallo sport, dagli allenamenti, dalla semplice preparazione fisica di base, hanno tratto delle vere e proprie ragioni di vita ottenendo, anche se fini a se stessi, risultati di grande orgoglio e soddisfazione personale.

Sono stati anni di continuo e costante lavoro, a contatto con le nuove generazioni con la ricerca di nuovi aggiornamenti, sull’evoluzione delle tecnologie e delle metodiche d’allenamento, il mio scopo è sempre stato quello di far nascere in loro una vera e propria consuetudine all’attività motoria, quale concreta espressione di una costante di vita.

In quest’ottica penso di aver svolto, con impegno e determinazione, quello che mi ero prefisso; moltissimi giovani e non più giovani, me ne hanno dato esplicita conferma in tante occasioni, e questo è già motivo d’enorme soddisfazione; nella loro educazione e formazione globale, spero abbiano avuto un ruolo di una certa importanza quelle qualità di vita, di tecnica sportiva di educazione, acquisite, anche assieme a chi scrive, nelle piscine, negli stadi, nelle palestre, sui campi di sci.

Ancora agli inizi degli anni ’60 la pratica sportiva a Modena era svolta prevalentemente, come già accennato, dalle vecchie e gloriose Società Sportive modenesi di calcio, atletica leggera, ginnastica artistica, pallavolo ecc. che giustamente, erano e sono alla ricerca dei talenti per ottenere risultati agonistici di prestigio.

La scuola, nel settore dell’educazione fisica e sportiva, a causa della carenza degli impianti e dalla scarsa considerazione nella quale era tenuta da coloro che si ritenevano i depositari del sapere (vedi tanti Presidi, insegnanti di lettere o di matematica di quei tempi), non dava la possibilità allo studente di svolgere una durevole, costante, precisa e moderna attività fisica e sportiva.

Vi era una carenza incredibile, in quel settore intermedio, tra specializzazione agonistica e attività scolastica ed anche extrascolastica di base, in modo tale che potesse dare sia al giovane sia all’adulto, la possibilità di svolgere una buona preparazione fisico-sportiva di buon livello, che tanti cittadini ricercavano, ma non riuscivano a trovare, così come tanti ex sportivi, che una volta terminata la loro attività specialistica, non si muovevano più. 

Ecco, queste erano le categorie che più avevano bisogno di essere prese in considerazione e indirizzate su percorsi motori adeguati. 

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Gli agonisti

Nello stesso tempo, non trascuravo la preparazione fisica per agonisti; all’Athletic Club sono passati atleti di varie discipline sportive che hanno potuto usufruire delle nostre attrezzature, che si andavano via via modernizzando, oltre alle competenze, mie e dei validi insegnanti che hanno collaborato alle varie attività.

Tra le società Sportive con le quali ho avuto rapporti, per la preparazione fisica, sempre in collaborazione con i loro allenatori, ricordo nel settore del nuoto, le società “Mutina Nuoto” e la “Rari Nantes”. Varie società ciclistiche negli anni ”70 mi hanno fatto seguire la preparazione atletica invernale dei loro atleti, in particolare la S.C. Pedale Solarese, la Ciclistica Mirandolese, il G.S. Giacobazzi, il G.S. Libertas e il G.S. Rebur. Nello sport della Pallamano, la Soc. Nuova Dom, allora seguita dal “Deus ex machina” di questo sport, Federico Malavasi.

La squadra di football americano, con la figura dell’italo-americano, l’”armadio” Tino Graziano, che per un anno, (studiava medicina all’Università di Modena), ebbe l’incarico d’istruttore all’Athletic Club.

Molti sono stati gli atleti di sport individuali che ho avuto il piacere di seguire nella loro preparazione atletica, cito: i motocrossisti Tommaso Lolli, Gianfranco Sgarbi e Paolo Alessandrini. Il pugile Lello Fanti, molti tennisti tra i quali spiccava il mai dimenticato Paolo Bussinello. Alcuni tiratori (tiro a segno) quali: Guido Morselli e Giuseppe Molinari.

In particolare ebbi il piacere di programmare la preparazione atletica dell’indimenticabile Campione del Mondo di motociclismo Walter Villa, portato in palestra dall’amico e uomo di sport, Spagni.

Assieme a questi atleti, che hanno raggiunto traguardi prestigiosi nelle loro discipline, molti altri giovani hanno svolto con passione e con impegno la loro preparazione fisica, anche se i risultati sono rimasti modesti o limitati a manifestazioni di carattere locale e di club.

Vi sono poi nel mio “carniere” tanti ragazzi nei quali, in età giovanile, s’ intravedevano notevoli possibilità per lo sviluppo delle loro doti, e che indirizzavo alle Società Sportive in particolare nell’Atletica Leggera, nella Pallavolo o nella Pallacanestro.

Dovrei citarne tanti, ma mi limito a un unico aneddoto: all’Istituto Magistrale avevo come allievo un ragazzo della Soc. Sportiva “Panaro” molte promettente nella “ginnastica artistica”; Roberto Lorini, allenato dall’indimenticabile amico Ermanno Barbieri. Come detto sopra, anche nel settore della ginnastica artistica l’allenamento con sovraccarichi, con pesi e macchine per la muscolazione, non era visto di “buon occhio”. Roberto aveva innate doti di ginnasta, agilità, prontezza di riflessi, ma era lievemente carente nella forza.

Dopo varie conversazioni con Ermanno, si trattava della carriera di un atleta già a livello nazionale, l’allenatore si decise a concordare con il sottoscritto, un programma di potenziamento da “somministrare” al Lorini.

In quei primi anni all’Athletic Club ho avuto come collaboratori parecchi colleghi, dato che ho sempre cercato, se non in rari casi, di contornarmi da professionisti qualificati tra i quali vorrei citare: Umberto Coppelli, Paolo Bassoli, Gibertini Gaetano, Giuseppe Boni, Astolfi, Maria Pia Bertani, Angela Pezzuoli, Anna Severi, Luisa Mari, Anna Pia Carretti e vari altri negli anni a seguire, senza dimenticare due validi appassionati istruttori: Ivan Macchi e Franco Manicardi.

In 35 anni di attività, tanti sono stati quelli di apertura della prima palestra di Modena, migliaia di persone, giovani e meno giovani, hanno frequentato quei locali dove hanno lavorato, sudando con incredibile tenacia in moltissimi, ma anche quelli che frequentavano per brevi periodi, “tanto per provare”.

Sarebbe impossibile tracciare un percorso cronologico e ricordare i/le tantissimi/e che mi hanno seguito anche per decenni, pertanto, facendo ricorso alla mia memoria cercherò di spulciare qualche aneddoto tra i tanti avuti, in trentacinque anni trascorsi nella “Palestra in Centro”.

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Il Prof.  Erio Soragni

Il primo che ricordo è quello relativo al Prof. Erio Soragni, noto pediatra cittadino, genitore di due miei carissimi ex allievi: il Prof. Oliviero Soragni, primario ortopedico a San Marino, e l’”eclettico” fratello Daniele, giornalista di “Sorrisi e Canzoni” a Milano. Entrambi si sentono ancora “modenesi doc”, spesso ritornano sotto la Ghirlandina.

Bene, il “vecchio” Prof. Soragni, sì, non era più tanto giovane quando iniziò a frequentare la palestra (e ci venne per molto tempo), mi disse una volta: “Sa, caro Prof., che da quando mi dedico a questa attività, io, un po’ prima delle sette (le diciannove, l’ora che normalmente frequentava), che in ambulatorio ci siano, una, o dieci persone, chiudo e me ne vengo via, perché ritengo che anche la mia salute e il rispetto per il mio corpo debba essere tenuto nella sua giusta considerazione. Ovviamente c’era un certo paradosso, ma effettivamente nel periodo che ha frequentato era sempre puntualissimo, seguendo con impegno non indifferente e posso dire che, “nonostante l’età”, ebbe dei notevoli risultati.

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Il Sindaco Camillo Beccaria

Un personaggio di rilievo in città, che ha frequentato per un certo periodo l’Athletic Club e che mi ha lasciato un ottimo ricordo, è stato il Sindaco Camillo Beccarla. Non ho mai saputo se conoscesse la mia posizione politica, dato che, sia con lui, sia con tutti quelli che frequentavano la palestra, non sono mai stati fatti discorsi politici (è sempre stata lasciata fuori della porta di quei locali), ma ho incontrato un uomo dalle caratteristiche umane di tutto riguardo. Si è sempre comportato, con me e con i suoi “compagni” d’allenamento, con una signorilità ed una correttezza esemplare. Probabilmente era già in preda al male che lo avrebbe portato a morte e, quando concordammo il programma di attività da seguire, trovammo un accordo sulla gradualità, con la quale sarebbe stato necessario procedere.

L’Athletic Club era frequentato da tutte le categorie sociali, molti medici o futuri medici, tanti avvocati e magistrati anche per la vicinanza con la sede del Tribunale di Modena di Corso Canalgrande.

Molte impiegate, commesse dei negozi del centro, imprenditori, operai, artigiani, bancari, per tanti anni l’Athletic Club è stata una “grande famiglia”. Molti musicisti e giovani cantanti del vicino Liceo Musicale e attori e attrici di tante compagnie teatrali che venivano a recitare al Teatro Storchi, alloggiando anche negli alberghi del centro, cercavano la possibilità di continuare il lavoro programmato nelle palestre delle città di loro provenienza. Tra i tanti non posso dimenticare la presenza, per la sua simpatia e per la sua dimestichezza con il discorso sportivo e della cura del corpo, il “grande” Walter Chiari, che, malgrado non fosse più un “giovanotto”, aveva ancora tanta energia e sicurezza nell’affrontare gli attrezzi del fitness, che a quel tempo avevo appena sistemato in palestra. Molti, tra attori e attrici in particolare,  quando ritornavano a Modena, anche per pochi giorni, qualche ora all’Athletic la venivano a passare.

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Le Brigate Gialloblu in San Biagio

Nella piazzetta di San Biagio, per alcuni anni, si venne a collocare una compagnia di giovani che, per usare un eufemismo, era “alquanto rumorosa”; qualche conflitto con loro lo ebbi. Essendo stati alcuni di loro, miei alunni nelle scuole modenesi e pertanto conoscendomi e rispettandomi, non si arrivò mai a situazioni pesanti.

Il dramma, ma era un dramma loro, arrivò con la droga che in quegli anni stava dilagando in tantissimi ambienti della città e che purtroppo ha falciato tanti giovani di quelle generazioni. Quel dramma l’ho vissuto, sotto i miei occhi, per parecchio tempo, il problema più grosso era quando qualcuno/a di loro, li trovavo nell’androne o per le scale pronti a “bucarsi”, e dovevo di conseguenza usare tutti gli accorgimenti possibili per smarrirli e allontanarli senza correre rischi. Era veramente molto difficile tenere i rapporti con molti giovani di quella generazione, dato che, spesso, erano ragazzi che avevi conosciuto molto bene, nelle scuole, nelle piscine nelle palestre o addirittura figli d’amici e conoscenti, te li trovavi, da un giorno all’altro di fronte, “devastati” da quella tragedia che colpiva tutti, “ricchi e poveri”.

Molti ne ho conosciuti di questi casi, desidero citarne alcuni perché sono stati, per il sottoscritto, sicuramente “choccanti”. Un pomeriggio mi vidi arrivare in ufficio un ragazzo che alcuni anni prima frequentava la palestra con buoni risultati. Si era costruito come si dice “un bel fisico”. Con circospezione cercò di affrontare il problema, era già ridotto male, mi fece vedere le sue braccia, quelli che “erano stati” i suoi bicipiti e nello scoprirsi vennero in evidenza i tanti “buchi”. Mi chiedeva cosa potesse fare e se era possibile ritornare allo “status quo ante”.

“Mio caro…..gli dissi, sì che è possibile, ma prima cosa da fare, bisogna cercare di evitare quelle sostanze che ti hanno portato in questa condizione, secondo ci vorrà un po’ di tempo per ritornare com’eri prima”. Fece il tentativo, si iscrisse, frequento per due, tre settimane e non lo vidi più. Dopo qualche mese, o meno, una mattina venne trovato “stecchito” davanti ad una delle serrande del negozio “Benini”, sulla stessa piazzetta di San Biagio.

Di altri due giovani non posso dimenticarmi, dato che negli anni giovanili erano stati entrambi tra i miei più bravi allievi nello sport del nuoto. L’uno, un bellissimo ragazzo, ebbe la disavventura di perdere la mamma negli anni dell’adolescenza. Aveva avuto promesse a Roma di entrare nel mondo del cinema, quando tornava a Modena mi veniva a trovare raccontandomi episodi della sua vita nella capitale. Chi aveva conosciuto, chi frequentava in quel mondo ecc. E lo sport, chiedo io? Al momento sono fermo (era veramente molto promettente). Dopo non molto tempo seppi che era entrato nel “tunnel” della droga. Mi venne un giorno a trovare assieme ad una ragazza dolcissima, “acqua e sapone”. “ Mi creda Prof., ne stò venendo fuori e “lei” mi sta aiutando moltissimo.” Passarono pochi mesi e all’ultimo incontro che ebbi con loro, li trovai “devastati” entrambi. Da allora non l’ho mai più incontrato e tanto meno mi è venuto a trovare.

L’altro, al contrario, si avvicina a quel mondo, incomprensibilmente, già uomo fatto, con una professione di prestigio, laureato, proveniente da ottima famiglia e lui stesso si era già costruita la sua, ancora prestante, attivo fisicamente, alla soglia dei trenta anni lo vedo un giorno in Piazza Grande, in occasione del mercatino dell’antiquariato, fermo con un gruppetto di “drogati” di fronte al bar d’angolo con la piazzetta del Tassoni. Mi sono chiesto: “Ma cosa ci fa …… con quelli? Non ci faccio più caso, ma, a distanza di uno, due mesi, stesso luogo stessa scena, sempre con “quelli”. Chiedo ad alcuni suoi amici, cos’era successo, non lo sanno spiegare nemmeno loro. Nel giro di poco tempo lo trovo sulla cronaca dei giornali locali, poi velocemente, arriva la sua tragica fine.

Non era più venuto a trovarmi, dopo che entrò in quei territori. Prima lo faceva. Non seppi mai le ragioni precise o le cause, che portarono quel mio brillante ex allievo a cadere in quella micidiale macchina tritatutto.

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Le Cene Sociali

Negli anni ’80 iniziarono le tradizionali “cene sociali” con feste danzanti e  premiazioni dei soci e frequentatori più attivi e meritevoli che, in quella determinata stagione, si erano particolarmente distinti ed impegnati nelle varie attività che si svolgevano in palestra. Venne anche istituito un “albo d’oro” nel quale venivano elencati i premiati, le cinque signore o signorine e i cinque maschi che ogni anno ebbero il premio. Da quegli elenchi trarrò le citazioni di alcuni/e che ottennero quel “prestigioso”, quanto meno all’interno dell’Athletic Club, riconoscimento.

Le feste si tenevano normalmente nei locali del ristorante “Le Cardinal” di Bastiglia, gestito dall’amico Paride Rinaldi, dove, oltre alle cene particolarmente prelibate, vi era la possibilità di usufruire della sottostante discoteca che dava la possibilità, ai soci presenti, di scatenarsi nelle danze, oltre che ad avere a disposizione lo spazio per l’esibizione dei gruppi più “coreografici” come avvenne per alcuni anni con le dimostrazioni del “corpo di ballo” del Maestro Antonio Tinti, che tenne per parecchio tempo, corsi di danza all’Athletic; furono tenute anche esibizioni della scuola di Karate, per alcuni anni diretta dal maestro Leo.

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I Premiati

Molti dei premiati sono stati decisamente degli ottimi atleti, che, nella maggioranza dei casi, causa le loro attività professionali o non più giovani, non avrebbero potuto svolgere una attività agonistica più impegnativa. Vorrei citare, alla rinfusa, un gruppo di maschi e femmine che in quei primi anni ricevettero quel riconoscimento: Maurizio Pancaldi, Raffaele Ravazzini, Andrea Romagnoli, Raffaele Chiesi, Ludovico Casati, Eugenio Lippolis, Paolo Verri, Luca Zanasi, Andrea Barbanti, Giordano Garuti, Marcello Monti, Christian Verona, Pietro Monaco. Massimo Morandi, Andrea Crespi, G. Luca Verasani, Fabio Pollastri, Maurizio Davoli, Walter Parenti, Enrico Zanfi, Antonio Piccinini, Paolo Bergonzini, Roberto Plessi, Paolo Pedrini, Claudio Paletti, Tiziano Mazzoli, Oscar Gualdi, Giovanni Mariani, Giuliano Cremaschi, Guido Galoppini, Alessandro Lantieri, Ottavio Pignatti, Mormile Carmine e Giovanni Gherardini Giorgo Garuti.

Per il reparto femminile vorrei citare: Tiziana Benatti, Carla Carafoli, Giliana Barone, Silvana Casarini, Renata Vignoli, Donatella Incerti, Silvia Tonini, Cristina Malinverni, Augusta Spagnoli, Laila Tavani, Roberta Marzullo, Mariella Ulivieri, Paola Nocetti, Franca Severi,  Doretta Bonacini, Silvia Pucci, Cinzia Ligabue, Pilar “Pucci” Astrologo, Paola Quadri, Paola Mucchi, Nadia Loss, Silvia Nizzi, Cristina Nocetti, Anna Maria Gambuzzi, Siretta Ruggi, Angela Remaggi, Mirella Roncaglia, Giovanna Vedovelli, Francesca Falco, Irene Mazzoli, Luisa Cantaroni.

Per moltissimi anni l’Athetic Club è stata l’unica palestra in città, poi, alla fine degli anni settanta e nei primi anni ottanta, è iniziata la concorrenza con strutture quali “Waddan”, “Jolly”, e qualche altra che, gradualmente, anche in funzione di superfici più vaste e di investimenti economici di una certa consistenza, riuscirono, in parte, a strappare qualche iscritto, ma nello stesso tempo era già aumentata la domanda di “ginnastica” da parte dell’opinione pubblica.

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Anabolizzanti e steroidi

Nello stesso tempo iniziava anche la piaga del “doping”, steroidi e anabolizzanti diventarono il “supporto” per tanti culturisti e molti giovani modenesi sono rimasti irretiti da queste sostanze. Personalmente, e tutti coloro che hanno collaborato con me all’Athletic, siamo sempre stati fautori e strenui difensori del potenziamento muscolare basato esclusivamente sul lavoro “naturale”. A quei tempi, alcuni dei frequentatori che avrebbero voluto, come poi hanno fatto, fuori dal mio ambiente, muscolarsi o con un’iperalimentazione o con l’assunzione di qualche sostanza, come certi particolari integratori (allora non esistevano né divieti né controlli) mi chiesero “cosa fare”. Il mio fu un totale diniego ad usare qualsiasi tipo di sostanza che non fosse più che naturale, mi rifiutai categoricamente per evitare di assumere responsabilità così delicate, e tanto meno instradare i miei allievi su un percorso che era sicuramente pericoloso, come si è rivelato, negli anni immediatamente successivi.

 Alcuni dei frequentatori dell’Atheltic, che si dedicavano al culturismo, si allontanarono. Non essendoci a quei tempi e tanto meno oggi, una legislazione ben definita sull’apertura di palestre, (chiunque, anche senza alcun titolo poteva aprirne una) moltissimi giovani sono caduti nelle “grinfie” di praticoni senza scrupoli che, pur di far aumentare le masse muscolari agli “illusi”, non disdegnavano, anzi sollecitavano ad assumere quelle sostanze che in breve tempo, solo apparentemente, davano certi risultati che venivano poi pesantemente pagati, in seguito, dagli assuntori, con vari tipi di difficoltà organiche, come malattie al fegato sino alla perdita dello stimolo della sessualità.

La ricerca del miglioramento corporeo con l’assunzione di sostanze chimiche doppanti, non è assolutamente accettabile nello sport agonistico (laddove gli atleti sono seguiti da equipe mediche), ancor meno deve esserlo dai non agonisti e, se si và alla ricerca di un “edonismo” fine a se stesso con le formule del “fai da tè”, è sempre controproducente.

La dismissione po, di questi prodotti, o per presa di coscienza o per “stanchezza” lascia sempre cattivi ricordi: ne ho visti tanti che, in breve tempo, si sono trasformati da “adoni” in “grassoni” e quando le cose andavano bene.

Sono ugualmente da stigmatizzare certe forme d’esasperazione psicologica, o maniacal-sportive che portano conseguenze non meno devastanti rispetto all’assunzione di sostanze dopanti. Vi è un doping psicologico non meno pericoloso. Un giorno mi arrivò in palestra una signora, ancora giovane, inviatami da un ortopedico, con la sua radiografia e il referto del medico. Una colonna vertebrale devastata; l’ortopedico cercava di recuperare quel rachide anche attraverso una buona ginnastica, che potesse aiutare quei poveri corpi vertebrali così mal ridotti. Attraverso il racconto della signora, appresi che era una “fanatica” della corsa e non so quanti chilometri macinasse ogni giorno.

La mia valutazione, immediata, dopo aver visionato la radiografia è stata quella di dire chiaramente alla donna: “guardi, se vuole che si possa attuare un programma di ginnastica utile al recupero della sua colonna, sarebbe necessario sospendere almeno per qualche tempo la sua passione per la corsa. In seguito, dopo il parere del suo medico, si valuterà la possibilità di riprendere a correre”. La risposta fu: “Senta se Lei mi dice che non posso più correre si sbaglia, io non smetterò mai.” “ Faccia lei, Signora”. Non l’ho più rivista.

In seguito alla ristrutturazione dei locali, allargati, migliorati e resi notevolmente più funzionali, poiché non si poteva certo star fermi, con la concorrenza sempre più agguerrita, seppure attraverso notevoli sacrifici economici, aumentai in modo consistente le attività e di conseguenza il numero dei collaboratori.

Nuove attrezzature per il fitness, nuove discipline come l’aerobica, lo step, i corsi di danza, di karate, il lancio della “mia” “ginnastica bioenergetica, che ebbe molto successo e che mi diede tante soddisfazioni nel recupero psico-fisico di parecchie persone, la programmazione di una serie di video-cassette per fare ginnastica davanti al televisore, serie denominata, “La Palestra in Casa”, e poi il training-autogeno e il relax psicosomatico applicato individualmente ad alcuni singoli, accrebbero notevolmente le frequenze e la partecipazione dei modenesi.

Vi furono anche, e come possono mancare nella vita di una persona che ha svolto e continua svolgere, in un ruolo non marginale, ma direttivo e gestionale, incontri negativi con collaboratori che, o per gelosie o per interessi economici e malgrado tu abbia fatto tanto per loro, all’improvviso appaiono e si rivelano, come dei “traditori”: mi sono dovuto dire: “ti sei allevato delle serpi in seno”. Alcuni casi mi accaddero negli anni difficili del rinnovo della palestra e della mia situazione personale (separazione).

Malgrado ciò l’attività proseguiva a ritmo notevole, continuavano le feste e le cene sociali e le relative premiazioni: per “par condicio” devo citare anche quelli degli ultimi anni: tra i maschi: Paolo Dall’Olio, Federico Ronga, Andrea Cupido, Filippo Cappi, Paolo Ronchi, Domenico Coghi, Alessandro Cattafesta, Giorgio Biagini, Enrico Vigarani, Antonello Bergamini, Andrea Calandra, Marco Rubbiani, e le signore: Daniela Ferrari, Enrica Costa, Magda Failathova, Francesca Pavarotti, Benedetta Panagis, Cristina Ferri, Rosanna Tassi, Romana Rosi, Loredana Guaiumi, Agnese Ronchetti, Carla Tondelli, Paola Galantini, Deborah Santulini e Lisa Silvestrini, Anna Nizzi, Franca Severi.

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Primo Trofeo Grandi buche

In Via del Carmine ci fu, alla fine degli anni ‘80 un intervento comunale per la sistemazione della strada, il tratto breve, nemmeno cento metri da Piazzetta San Biagio a Piazzale Boschetti, fu totalmente devastato per la sistemazione di alcuni tubi, gli scavi, coperti e ricoperti durarono, tra un lavoro di una settimana e la sosta di mesi, per circa tre anni. Fu un periodo “allucinante” che diede la misura di come si stesse comportando l’amministrazione Comunale che, malgrado continue richieste di intervento sollecito e proteste numerose, sembrava, ma non era solo una sensazione, perseguisse un disegno volutamente persecutorio nei riguardi di quella contrada dove, insistevano pochi abitanti e vi si trovava, l’ingresso della Palestra Athletic Club e l’ingresso della scuola elementare delle “figlie del Gesù”, scuola tipicamente “borghese”. Il danno è stato considerevole, le persone dovevano camminare su passerelle per attraversare i profondi fossati lasciati incustoditi e a cielo aperto per mesi. Nello stesso periodo venne sistemata, con la nuova pavimentazione, tutta la Via Emilia da Largo Garibaldi a Porta S. Agostino, quel tratto, superiore di venti trenta volte la strada di Via del Carmine, venne sistemato nel giro di brevissimo tempo. Scrissi in quel periodo un pezzo “tragicomico” che desidero riportare.

 

Note di cronaca modenese - di Zuc

Aggiudicato al Centro Storico della città di Modena il gran premio di mountain bike:

 “ 1° Trofeo Grandi Buche”   -  Cronaca fanta-sportiva del centro storico.

 

Il Comune di Modena, in collaborazione con la Federazione Internazionale Mountain-buche e con l’associazionismo sportivo locale, ha organizzato, nel centro storico cittadino il 1° Campionato mondiale di mountain-bike in territorio padano.

Per poter far si che un territorio pianeggiante come quello della nostra città potesse entrare nel circuito internazionale con un percorso degno dei più prestigiosi percorsi collinari e montani, i nostri amministratori hanno ben pensato di lasciare, per un lungo periodo, le strade cittadine nel più classico stato di abbandono, onde far sì che buche, avallamenti, dossi, ecc. possano alternarsi nel modo più adatto e naturale a tali competizioni. Già da molti mesi e in molte zone da anni, sono stati aperti cantieri di lavori stradali, abbandonati poi a loro stessi e alla cura dei cittadini residenti e di passaggio tanto da poter oggi presentarci alle giurie internazionali con uno dei migliori percorsi.

In attesa di ricevere gli atleti di tutto il mondo, con alla testa la nostra bella medaglia d’oro di Atlanta della mountain-bike femminile, l’amministrazione comunale ha deciso di organizzare, nel frattempo, una competitiva spettacolo, come usano fare i grossi politici romani con le partite di pallone con i cantanti, i magistrati e gli attori.

Tutto il Consiglio comunale, giunta in testa, si è presentato al via della gara avvenuto nei primi giorni di Settembre, in Piazza Grande: mossiere il consigliere comunale “pipino”, Ettore Maioli, che con tanto di berreto a visiera, bandiera a scacchi e bielle incrociate come distintivo, ha fatto partire i concorrenti con salita e discesa dalla “pietra ringadora”.

E stato ingaggiato anche il noto cronista sportivo Delle Zanne che dal balcone municipale, al posto di Sandrone, (che di solito lancia da quel pulpito gli sproloqui normalmente ascoltati da migliaia di cittadini , ma mai presi in considerazione dagli amministratori)  ha commentato da par suo le epiche gesta dei concorrenti a questa importante manifestazione sportiva.

Il plotone, con in testa il Sindaco, controllato e ben difeso dalla sua squadra di gregari, era suddiviso in due gruppi ben distinti e facilmenti riconoscibili.

Il primo, quello favorito per la vittoria finale e composto da atleti molto esperti e preparati, indossava una divisa dove era ben evidenziato il marchio di uno degli sponsor, una pianta che non era ben chiaro se fosse quercia o ulivo, e con la scritta a caratteri cubitali “Avanti miei Prodi”; montava biciclette ultimo tipo con accorgimenti avveniristici e con le scritte promozionali degli sponsor, quali: “equipe i Portali”, Squadra “Nuova Bruciata”, “Ale’ con la rotonda” , “squadra terzo iper” e così via. 

Nelle retrovie arrancava, su biciclette arrugginite e di varia foggia, con un abbigliamento degno delle vecchie corse ciclistiche degli anni venti, e con scritte sbiadite sulle maglie e quasi illeggibili dove si intravedeva appena un “sforzo italico” o qualche cosa del genere, una fiammella sottile e quasi spenta e un vecchio scudo che sembrava crociato.

Al centro del plotone si notava un piccolo gruppetto, elegantissimo nelle sue fiammeggianti maglie di un verde paglierino nuovissime, con scritte tipo : ” Dura lega sed lega” che, trovandosi in pieno territorio padano, cercava di mantenere le distanze dagli altri, anzi avrebbero voluto organizzare la manifestazione solamente per loro e nella zona di Modena Nord, ritenuto il territorio più adatto per i loro mezzi tecnici e anche perchè non volevano confondersi con i “terroni” di Modena Sud, ma dato che non vi erano buche e dossi sufficienti hanno pensato bene di partecipare insieme agli altri alla gara in Centro Storico.

Sono così partiti da Piazza Grande imboccando, dopo tre giri attorno al Duomo e alla statua del Tassoni, la Via Emilia, per affrontare la prima durissima parte del percorso, sullo sterrato, buche, ostacoli di ogni tipo  e dovendo superare enormi cumuli di sanpietrini; attorno a loro sui marciapiedi e sotto i portici i negozianti e gli abitanti del centro storico sventolavano bandierine tricolori e giallo-blù inneggiando festosamente agli atleti, molti avevano anche esposto la bandiera nazionale, solamente uno, subito ripreso e redarguito si era azzardato ad esporre la  bandiera rossa con falce e martello che teneva vicino alla finestra. Il poveretto però urlava e sbraitava che no, non era possibile, che lui l’aveva esibita per cinquanta anni e nessuno gli aveva detto che adesso non era  più ammessa e non capiva perchè doveva nasconderla.  

Superata a fatica la prima barriera della via Emilia, i concorrenti si immettevano in Piazza Matteotti per infilarsi nelle strette stradine che sono attorno e  per arrivare, dopo poco, su uno dei tratti più belli del percorso e cioè la zona di Via Taglio e di Piazza della Pomposa, dove proprio davanti alla vecchia Chiesa era posto il traguardo volante titolato a Ludovico Antonio Muratori e vinto, con uno scatto bruciante, dall’assessore ai lavori pubblici.

Il manipolo di atleti proseguiva poi, su di un percorso sempre ben accidentato, per Corso Cavour, Via tre Febbraio, Via Sgarzeria e raggiungere Corso Vittorio Emanuele, dove era stato impostato uno splendido slalom tra gli alberi che fiancheggiano il Viale; però, al termine della serpentina, tutti gli atleti si sono trovati coperti da un forte strato di guano che li ha resi quasi irriconoscibili; questo fatto ha creato sbandamento nel gruppo, tanto che alcuni si trovarono improvvisamente su strade perfettamente asfaltate e liscie come biliardi: non si erano accorti di essere usciti dal percorso e avevano imboccato quello dei supermercati e delle “grandi feste nazionali” e dove di solito si svolgono le gare dei carrelli pieni e di quelli vuoti.

Cercarono pertanto di ritornare sul percorso, ma si trovarono in notevole ritardo rispetto agli altri, tanto che alcuni atleti di quelli sponsorizzati dalla ditta “caramella col buco” si fermarono per fare quadrato, e vista la posizione pensarono bene di rispolverare il vecchio gioco dei quattro cantoni che a volte cercano di fare in consiglio comunale, dato che non sono riusciti a trovare altri sistemi per disturbare la giunta.

Intanto, la testa del gruppo ancora ben compatta, superate le modeste difficoltà delle montagnole dei Giardini pubblici e dopo essersi dato una bella ripulita nelle limpide acque del laghetto, si immetteva in Corso Canalgrande per affrontare le difficoltà di Via Carlo Goldoni (dietro al teatro Comunale) e le stradine attorno al Tribunale per raggiungere il punto cruciale del percorso e cioè la zona di Piazzale Boschetti, Via del Carmine e Vicolo Fosse (laterali della Via Emilia) dove qui, i miglior mountain-buchisti potevano rivelare tutte le loro qualità di acrobati per superare fossati, enormi buche che diventano laghi con la pioggia, steccati e altre difficoltà (il cantiere aperto lo scorso anno a Settembre e’ destinato a rimanere, per la grande volontà dell’amministrazione comunale, sede fissa del percorso di campagna, il famoso cross-country dove si svolgeranno anche gare di motocross, di gare ad ostacoli a cavallo ed altro): Difatti i tecnici internazionali hanno rilevato che percorsi cittadini così perfetti non si trovano nemmeno nelle “favelas”  di Rio de Janeiro e tanto meno nei quartieri periferici di Katmandu e Calcutta. Un plauso è stato indirizzato agli esperti, ai tecnici e agli addetti alla viabilità modenese, in particolare da parte degli specialisti cubani, cinesi e ceceni.

Ma torniamo al nostro gruppo che si frazionava sempre più di fronte alle impervie difficoltà ritornando sulla Via Emilia nei pressi di Largo Garibaldi per cercare di raggiungere, finalmente, l’agognato traguardo posto dietro alla Prefettura, dato che davanti alla stessa ci si ferma normalmente la famiglia Pavironica e di conseguenza non si voleva cadere nel ridicolo.

Il tratto finale, era indirizzato lungo Corso Adriano, dove cadeva malamente a terra la “forzista” Isabella Bertolini, che lanciava alto il grido di “Forza Italia” (raro esempio di virtù atletiche) ma che per quella ragione non pote’ raggiungere Rua Pioppa dove la giunta al completo tagliava il traguardo compatta come un sol uomo, tanto che la giuria non potè stilare la classifica  regolare e li mise tutti a pari merito.

Si concludeva così il 1° Gran Premio Grandi Buche modenesi”; il trofeo veniva consegnato agli amministratori comunali da parte dello sponsor ufficiale la : “Ditta grandi scavi centri storici”; intanto i cittadini “sguazzavano” felici e contenti, agitando le loro bandierine, nei fossati, nelle pozzanghere che diventano sempre più profonde, per tenere alto nel mondo il prestigio del percorso cittadino di mountain-bike il più adatto alle grandi manifestazioni internazionali.

Il vostro cronista vuole anche citare l’anonimo che ha stilato il famoso epitaffio  latino:

“Quid non fecit Barbari fecit Barbolini “, che resta sempre di grande attualità.

In ogni modo, vi stà bene cosi, cittadini del centro storico, che non avete dato compatti la vostra adesione alle piante secolari; contrariamente a quanto succede agli altri quartieri, dove appena si decompone un pò l’asfalto corrono velocemente  gli addetti alle riparazioni, voi avete il previlegio di supportare il miglior percorso mondiale di mountain-buche.

 

Nel frattempo mi ero attorniato da un nuovo gruppo d’insegnanti, giovani e preparati, tra i quali desidero citare, le insegnanti, Enza Savino, Giuliana Pincelli, Elena Panzanato, Giulia Rossi, Elena Tommaselli, Angela Sandonà, Elisabetta Schwarz; e tra i maschi, Carlo Bartolamasi e Alessandro Zucchini, oltre a Luigi Bertaglia (istruttore di boxe), Roberto Candeletta (istruttore di full-contact); tutti/e diedero un notevole contributo alla ripresa delle attività, dopo il “disastro” del Novembre 1993.

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Il crollo

Vi fu, una notte, nel salone principale dell’Athletic Club, il cedimento di alcuni pannelli del controsoffitto; immediatamente chiusa la palestra, mentre si procedeva ai lavori di ripristino, si spezzò una trave per l’eccessivo carico del solaio che crollò, riempiendolo di detriti e del materiale accatastato sopra, dalla ditta “Benini”.

Era il primo pomeriggio del 10 Novembre 1993, una bella (brutta) giornata, il crollo fece un “botto” notevole; intervennero subito i pompieri con scale e quant’altro; fortunatamente nessun danno alle persone, ma, enormi danni alle mie “cose”.

Mentre i pompieri erano all’opera, a vedere tutta quella confusione tantissime persone si erano radunate sulla Via Emilia, tra il Bar Roberta e la Piazzetta di San Biagio, in pieno centro e in un ora di traffico; contemporaneamente si trovarono a passare per il centro un giornalista e un fotografo del “Resto del Carlino” che, vista la scena, si precipitarono su, nei miei locali, scattando fotografie e facendo domande.

Il giorno dopo apparve, sulla prima pagina della cronaca locale del quotidiano, con titolo a caratteri cubitali su quattro colonne, la notizia: “Crolla il soffitto in palestra” con relativa immagine della sala “devastata”. Quattro mesi di chiusura dei locali, nel periodo più frequentato per una Palestra, da Novembre a Febbraio. Riduzione del 50% della superficie e pubblicità totalmente negativa; fui messo, come si suol dire, “in ginocchio”.

La ripresa ci fu, seppure con notevoli difficoltà, ma il colpo fu di quelli che “non perdonano”. Nel 1998, non avendomi il proprietario dei locali rinnovato, con una cifra dignitosa, dopo il grave colpo che avevo subito, il contratto d’affitto, fui costretto, dopo trentacinque anni, a chiudere quell’attività alla quale avevo dedicato tutte le mie energie, economiche e morali.

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Attività successiva alla chiusura dell'Athletic

La chiusura definitiva dell’Atheltic Club mi ha letteralmente annientato. Subire un colpo così pesante quando si è già avanti con gli anni, in una professione tipicamente giovanile come la mia, lascia qualsiasi individuo in una condizione psicologica difficile. Non bisognava demordere, con un gruppo di signore che erano ancora intenzionate, nonostante tutto, a continuare le ore di ginnastica con la mia guida, passammo dal centro della città, nella palestra di una mia collega, Claudia Mazzoni, in zona periferica in Via Arma di Taggia, denominata “Ginnastica Più”. L’anno successivo, sempre con quel gruppo di “irriducibili”, presi contatto con la Palestra “New Aktivarium”, dove, nella sala del corpo libero abbiamo portato avanti sino ad oggi (anno 2007), un’attività fatta per gruppi di “non più giovani” che hanno ancora la costanza e la determinazione di svolgere, due tre volte alla settimana, le esercitazioni più adatte ad un mantenimento organico di tutto rispetto.

Mi tocca rilevare un seguito, politico-ginnastico, avvenuto, durante le mie lezioni, di mantenimento organico; in occasione della vittoria del raggruppamento della “casa della Libertà”, il 13 Maggio 2001. Il gruppo di allieve che frequentavano quelle lezioni presso la Palestra “New Aktivarium”, era solito, all’inizio e tante volte durante l’esercitazione, commentare, fatti, episodi e quant’altro potesse ridurre la tensione e la fatica dell’attività, a volte intensa e rilevante, per un gruppo della cosiddetta “terza età”. Orbene, la mattina dopo il risultato elettorale che diede la vittoria a Silvio Berlusconi e alla sua coalizione, una signora del gruppo mi pose la domanda: “Allora Prof. cosa ne pensa dei risultati?”; mi permisi fare una constatazione che ritenevo assolutamente corretta e risposi: “contentissimo, poiché è la prima volta, da quando partecipo alle consultazioni elettorali, e ne ho fatte parecchie, che posso dire: ho vinto anch’io, finalmente”.

A quel punto una signora, ovviamente non soddisfatta di quei risultati e dimostratasi chiaramente dell’altra “parrocchia”, cosa che nessuno aveva sino a quel giorno notato per la sua classica collocazione “borghese” nella società modenese, sbottò, arrabbiatissima in un: ”Basta! Qui non siamo venute per parlare di politica, dobbiamo solamente fare ginnastica”; gelo totale nella sala, quella mattina il gruppo delle signore era particolarmente numeroso. Continua la lezione in modo quasi surreale, nessuna più parlava, cosa inusuale, quando, una delle signore, per rompere l’atmosfera così tesa, si rivolge alla Signora che aveva reagito alla mia esternazione, che così rispose: ”ma io stamattina sono stata messa in castigo e di conseguenza non vengo presa in considerazione” (riferendosi alle solite correzioni che normalmente faccio alle signore durante l’esercitazione).

Non sono, in genere, molto irascibile, ma, cercando sempre di usare sarcasmo e correttezza formale, quando provocato, non riesco a starmene zitto. Mi limitai a rispondere: “ Sa, signora, di fronte ad una persona in lutto, (le elezione perse) cerco di mantenere il giusto controllo, rispettandola nel suo dolore.”

Terminò la lezione, ma terminò anche la frequenza al corso di ginnastica della signora in oggetto. Seppi anche che l’episodio fece il giro di molti salotti modenesi.

Con molto piacere, ho annoverato, in questi ultimi anni, tra le più “affezionate” allieve, l’impareggiabile cantante lirica, Raina Kabainwaska, che segue con una costanza ed un impegno encomiabili, quando non è in “giro” per concerti o con le sue allieve della scuola di canto, le mie lezioni.

Un altro impegno, che mi ha permesso di restare legato al mio mondo è quello di essere entrato, come componente dello staff tecnico e come “web master” al Coni di Modena, dove, con la Presidenza di Franco Bertoli (il gran pallavolista di qualche anno addietro), la segreteria della Prof.sa Orestina Zazzarini, e il responsabile dello staff tecnico Prof. Gigi Trotta, si è costituita una squadra veramente attiva e motivata, dove il sottoscritto, pur trovandosi nella posizione di “più anziano”, ha trovato quelle motivazioni esistenziali, che sono il “sale” della vita.  

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 Immagini dell' Athletic Club

 

           
           
           
           
           
           
           
           
           
           

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Le “tradizionali Vacanze Invernali” del Prof. Zucchini

 

Dopo la serie delle Vacanze estive, con i corsi di vela, nuoto, tennis, sci nautico effettuate a Riccione, Cesenatico e Lussino, ritenni che fosse giunto il momento di dedicarsi al mondo dello sci che tanto mi aveva entusiasmato dai tempi delle Olimpiadi Invernali di Cortina d’Ampezzo.

Passo San Pellegrino e dintorni

Nell’autunno del 1962 presi il primo contatto con degli albergatori di Moena che gestivano il “Rifugio Monzoni” al Passo di San Pellegrino, a 1920 metri d’altitudine. Prenotai trenta posti letto per dare così avvio alle prime Vacanze Invernali, che in seguito ottennero un clamoroso successo. I posti prenotati si riempirono con una certa facilità e d’allora iniziò la serie, durata oltre venti anni; per dieci giorni dal 26 Dicembre, Santo Stefano, al sei Gennaio, giorno dell’Epifania, ho avuto la ventura di trascorrere quel periodo dell’anno, assieme a centinaia di giovani modenesi e di tante altre località.

Avevo già avuto per alcuni anni l’esperienza di partecipare alla settimana bianca natalizia organizzata dall’Ente provinciale del Turismo in collaborazione con l’ufficio Ed. Fisica del Provveditorato agli Studi, a Sestola, dove tra l’Hotel Panoramic e l’Hotel Roma, molti ragazzi modenesi, tra la fine degli anni’50 e i primi anni ’60, ebbero la possibilità di fare le prime esperienze sugli sci, tra la Galvanella e la pista Rossa. Sestola allora non era come oggi; piste tenute in un qualche modo, limitata volontà di sviluppo turistico, come invece avvenne in seguito.

Mi resi conto che da parte dei giovani modenesi vi era il desiderio di andare oltre “i nostri confini”. Ritenni che era giunto il momento di fare conoscere ai “padani” la bellezza e l’incanto delle Dolomiti, montagne magiche e affascinanti.

 Non che il Passo di San Pellegrino allora, fosse dotato di chissà quali attrezzature, vi era un solo skilift che, dal Rifugio Monzoni, arrivava al Rifugio Margherita, con il mitico “Bepi” che gestiva entrambi. Eravamo praticamente noi e pochi altri e il paesaggio nel quale eravamo inseriti era ed è di una bellezza incomparabile; il gruppo dei “Monzoni” che al tramonto si tingevano di rosa, le bianche distese immacolate che andavamo a “contaminare” con i nostri sci di legno, le gite, diurne e notturne (a bere il vino brulè e a cantare le struggenti canzoni alpine) ai “masi”, le capanne dei pastori per gli alpeggi estivi, il nostro rifugio Monzoni accogliente e immerso nella neve, sono un ricordo che tutti coloro che hanno preso parte  a quei primi anni di Vacanze Invernali del Prof. Zucchini, non potranno mai dimenticare.

Dal 1962-63, abbiamo goduto di una montagna “incontaminata”. Al nostro Rifugio albergo, ad esempio, non esisteva il telefono, l’unico posto telefonico pubblico era a circa tre chilometri dal passo, in località gli ”Zingari” e, al tardo pomeriggio, dopo l’attività sciistica, molti ragazzi si dirigevano a quel posto, per fare la fila e “comunicare” con le loro famiglie.

 Con me a collaborare, sia per la parte sciistica sia per la “gestione” dei ragazzi in albergo, vi era l’amico Prof. Bartolomeo Candeli di Pavullo, “Bart”, era come tutti gli uomini di montagna, un buon bevitore. Un anno arrivammo al Rifugio Monzoni (che avevamo quasi totalmente occupato) quando alla sistemazione delle camere, ci si accorse che ne mancava una, ovviamente la nostra, dopo aver sistemato tutti i ragazzi. La proprietaria dell’albergo ci propose la sistemazione provvisoria, per due-tre notti, in una stanza del sottotetto, ma senza riscaldamento. Eravamo a duemila metri e le notti, lassù, non sono come in Riviera; ci disse la Signora: “Posso metterci una stufetta a gas, o darvi una bottiglia di grappa”. Quale fu la scelta? Per tre notti, io e Bart, ben coperti, dopo le fatiche della giornata, quella bottiglia di grappa ci aiutò egregiamente a difenderci dai rigori delle “notti dolomitiche”.

Per anni ci furono tanti ragazzi e famiglie modenesi che scelsero di passare i dieci giorni delle vacanze natalizie  con i miei corsi di sci. La famiglia Aggazzotti con la Sig.ra Laura e il Dott. Pietro (produttore del noto, Nocino e Laurino), e i figli Emanuela e Ettore, la famiglia dell’Ing. Domenico Rabino, con i figli Alessandro, Luisa e Franco, la famiglia Baroni con la figlia Antonella, e tutto un gruppo di giovani, nella maggioranza diventati noti professionisti della società modenese quali, Fabrizio “Bricia” Ferrari, Davolio Marani Severino, Oliviero e Daniele Soragni, Sandrino Sereni, Gino Padoa e la sorella Laura, Vittorio Brino, Alessandro Gheduzzi, Carlo Cacciari, Giuliano Andreoli, Marco Rigatelli, i fratelli Santangelo e tanti altri.

Allora era facile il controllo dei ragazzi che, seppure nell’esuberanza giovanile, avevano un gran rispetto per i loro insegnanti e per gli adulti in genere. Usavo, se mi si lascia passare una terminologia ormai desueta, il sistema del “bastone e della carota”; sì divertirsi, ma pur sempre entro certi limiti. Ritenevo, a quel tempo, che si dovesse superare, andando in giro con gruppi di giovani, la concezione della “colonia” e che i nostri ragazzi si dovessero inserire, pariteticamente, nelle strutture alberghiere assieme alla clientela tutta. Certamente non è stato facile far recepire e agli uni e agli altri, condividendo lo stesso tetto, che avevano gli stessi diritti e doveri. L’intensa attività sportiva, permetteva in parte questa possibilità; per quanto la sera i giovani volessero esprimere la loro vitalità nel fare le ore piccole, nel giocarsi scherzi a non finire, nel cercare i contatti con le ragazze, uscivano pur sempre da giornate particolarmente faticose. Ore sugli sci, in quelle condizioni climatiche, facevano sì che la sera, una buona percentuale fosse particolarmente “cotta”, anche se, ancor più cotti, erano gli insegnanti che, dopo la giornata sulla neve, dovevano controllare le “scorribande notturne”.

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Sul balcone

Tantissimi aneddoti sarebbero da raccontare ma non è possibile ricordarseli tutti. Qualcuno viene alla mente: una sera, avendo scoperto che alcuni ragazzi erano entrati in una camera di ragazze, mi permisi un piccolo ”divertissment”. Bussai alla camera dopo l’orario, generalmente elastico, del riposo. “Chi è”. Il Prof. Zucchini, risposi. Gran tramestio all’interno. “Attenda un attimo che le apriamo subito”. Difatti, dopo poco, mi fecero entrare, sul tavolino della stanza, panettone, e spumante. “ Come va ragazze?” “Tutto bene Prof.” La tenda della finestra-balcone si muoveva leggermente e mi resi conto che i ragazzi erano andati a rifugiarsi là fuori.

La situazione era scontata e, con un “briciolo di cattiveria” ne approfittai. “Posso restare a fare due chiacchere con voi ragazze, mi offrite una fetta di panettone? Ma certo, mi dissero a denti stretti; per farla breve, dopo aver sorseggiato un goccio di spumante e addentato una fetta di panettone, andai sul balcone, erano tutti in pigiama o camicia da notte, e a duemila metri non è facile resistere, feci rientrare immediatamente i quattro cinque ragazzi, quasi “assiderati” dicendo loro. “Ma ragazzi, secondo voi io dovrei essere così severo da lasciarvi congelare sul balcone o punirvi solamente perché siete entrati in questa stanza a far compagnia alle vostre amiche? Venite subito dentro e beviamoci assieme un po’ di spumante!”

In quegli anni i giovani allievi, pur nell’esuberanza della loro età, avevano molto rispetto per gli insegnanti e accettavano di buon grado i richiami di chi aveva la grossa responsabilità della loro sicurezza, in particolare quando, per dieci giorni, si conviveva in una dimensione di alta montagna praticando una disciplina sportiva che poteva creare situazioni delicate per l’integrità fisica dei ragazzi. In quei primi anni non ci furono incidenti particolari, qualche botta, qualche lieve distorsione che, praticando lo sci, sono quasi all’ordine del giorno.

Le lezioni erano tenute dai maestri di sci della Scuola di Moena guidata dal Maestro Chiocchetti, con l’aiuto mio e del Prof. Bartolomeo Candeli che collaborava nel controllo in albergo dove vi era la partecipazione dei colleghi, Prof. Dino Cerrato e Maria Pia Bertani e, del gruppo a Selva di Val Gardena, Romano Tagliazucchi.

Tra i tanti allievi di quel periodo ricordo ancora con tanto piacere: Giacomo Ghillani, Pierino Lottici, Alessandro Monti, Giorgio e Michele Lofoco, Stefano Monti (poi noto regista teatrale), Antonio Minezzi e le ragazze, Laura Zanichelli, Rossella Boni, Gabriella Bettelli, Paola Beggi, Mariella Della Rovere, Nicoletta Pacchiarotti, Doretta Della Rovere.

Dopo l’esperienza al Passo di San Pellegrino scelsi per le Vacanze Natalizie un'altra località particolarmente isolata, la località del Nevegal, appena sopra Belluno. Era un rifugio situato “sul cucuzzolo della montagna”, posto splendido, isolatissimo, dato che ci si arrivava solamente in seggiovia e, dalle cinque del pomeriggio al mattino, “lassù” restavamo solo noi; avevamo occupato tutto l’albergo-rifugio e la vita di gruppo ebbe la sua massima espressione. Si aggregarono al “gruppo storico” tanti altri ragazzi e tra questi ricordo, Mario Marchiò (poi noto avvocato del foro modenese), Sandro Miglioli, Alessandro Righi, Riccardo “Richy” Levi (giornalista e uomo politico, Ministro nel secondo Governo Prodi).

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Figli o cotechini al Nevegal

Il papà dei fratelli Aggazzotti, il Dott. Pietro, tutti gli anni, veniva a trovare la famiglia verso il giorno di S. Stefano, in quell’occasione, poco dopo il pranzo di mezzogiorno, si era davanti all’albergo e i ragazzi cominciavano a “sciamare” per riprendere l’attività pomeridiana, mi si avvicina dicendomi in dialetto modenese: “Professor, a vag a vader i me du ragazo cum i stan”. (Professore vado a vedere i miei due ragazzi come stanno). Ma dottore, dico io, li ha appena salutati con gli sci ai piedi mentre stavano iniziando la discesa; “ Ma no, a vag in cuseina a controler i du cutchein c’a io purte sò e che a magnam stasira!” (Ma no, vado in cucina a controllare i due cotechini che ho portato con me e che mangeremo questa sera!)

Dal Nevegal si passò a Misurina, altra splendida località Ampezzana, in un bel albergo vicino al Lago, dove alla sera si disputavano, tra i ragazzi del gruppo, spettacolari partite di “calcio su ghiaccio” con scarponi da sci ai piedi, con grande apprensione da parte del sottoscritto, prevedendo che qualche ammaccatura “poteva starci”, fortunatamente andò sempre bene, anche perché dopo le partite, si ritornava nella tavernetta dell’albergo a ballare e bisognava restare in forma anche per quell’attività. Quando arrivava l’orario della “ritirata” erano battaglie accesissime per far si che tutti rientrassero, nelle loro stanze, in orario “decente”.

Qui a Misurina, presenti i “soliti noti”, si aggregarono tanti altri: Paolo Ferrari, Elisabetta Barbolini, Gianni Valducci, Oscar Scaglietti (dell’omonima carrozzeria), Paolo Verri e Donatella Incerti, Alessandro Borelli, Guido Ferrari, Giorgio Barbolini. Tutti i citati parteciparono anche negli anni successivi, assieme ad Alberto Montorsi, Cesare Gusberti, Maurizio Coppini, tutti validi medici, oltre a Giovanni Soldati (figlio del noto scrittore e regista cinematografico e lui stesso in seguito regista), alle mitiche vacanze di Solda e di Campitello. (il gruppo si era notevolmente allargato).

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Solda - Campitello

In entrambe le località furono occupati parecchi Alberghi e, se tutte le vacanze sono state considerate da molti partecipanti, “mitiche”, queste furono super. Con una ragguardevole partecipazione di giovani, in questi e negli anni successivi, qualche piccolo incidente, tipo fratture alla tibia, lussazioni e contusioni, avvenne. Un episodio, ricordo, in quel di Solda. Oscar Scaglietti si infortunò l’ultimo giorno dell’anno, una botta alla spalla con probabile lussazione per una caduta sul ghiaccio di quelle piste. Lo porto immediatamente all’Ospedale di Bolzano, dove pensano di trattenerlo in osservazione per due giorni per ulteriori accertamenti.

La sera di San Silvestro lo vidi arrivare, all’improvviso, con il braccio fasciato: ovviamente lo rimproverai per quella sua “fuga” dall’Ospedale. “Prof., ma come faccio a perdere l’ultima sera dell’anno in un letto d’ospedale quando tutti gli amici sono quassù a divertirsi”. E difatti, anche quello, fu un ultimo dell’anno da ricordarsi, per tanti modenesi.

Solda è una splendida località ai piedi del gruppo dell’Ortles e del Cevedale, freddissima in quei giorni e con tanti alberghi occupati dai modenesi: Il “Bambi”, il “Dangl” il “Grand Hotel Solda” e una villa splendida occupata da un gruppo dei “vecchi” (di vacanze del Prof. non di età). Con noi assieme ad alcune famiglie vi era quella dei Po’, delle cucine carpigiane; l’ultimo giorno dell’anno raggiunse la famiglia anche il “patron”, che riuscì ad unire, l’utile al dilettevole, difatti nei giorni successivi, “piazzò” una delle sue famose cucine, in uno degli alberghi dove alloggiava il suo gruppo.

Era con noi anche la famiglia Bussinello con Paolo, grande tennista modenese prematuramente scomparso e al quale la Scuola di Pallavolo Anderlini ha titolato una grande manifestazione pallavolistica denominata “Memorial Bussinello” e il fratello Marco, fisico possente, “testa matta” che si dedicò, in seguito, alla specialità sciistica più impegnativa: la discesa libera, tanto da arrivare a conquistare il titolo di Campione Italiano Universitario. Marco Bussinello ebbe la compiacenza, in un’intervista pubblicata sulla “Gazzetta dello Sport”, dopo i suoi successi, di gratificarmi, affermando che ad avviarlo allo sci era stato il Prof. Zucchini.

Ebbi il piacere di essere citato da molti miei allievi e non solo nel settore dello sci, ma anche da coloro che si dedicarono con risultati d’altissimo livello, all’atletica o alla Pallavolo, per l’aiuto che avevo dato, alla loro iniziazione agonistica.

 Anche a Campitello occupammo una serie di alberghi, il “Rododendro”, i “Monti Pallidi” a fianco della seggiovia che ci portava al “col Rodella” dove svolgemmo le gare di fine corso, oltre ad altri due o tre alberghi più piccoli. Si era aggregato in quell’anno alla mia organizzazione un altro insegnante di Ed. Fisica, il Prof. Gaetano Gibertini, grande sportivo e ancor più sciatore eccezionale.

Con un gruppetto tra i ragazzi più grandi facemmo, un giorno, il famoso giro dei quattro passi “la Sella Ronda”, erano con me, Cesare Gusberti, Guido Ferrari, Alberto Montorsi, Alessandro Rabino con il padre Ing. Domenico, appassionato sciatore, e alcuni altri; quando arrivammo a dover affrontare il famoso “Ghiaione del Pordoi”, dove i primi 50 metri si facevano scendendo aggrappati ad una fune in mezzo alle rocce e con un pendio mozzafiato, mi vennero le “paturnie” dato che avrei dovuto guidare il mio gruppo in quel budello di neve e di rocce. E se succede qualcosa? È stata, in tanti anni assieme agli allievi, l’unica volta che ebbi quella grossa preoccupazione. Erano tutti “in gamba” e terminammo la rocambolesca discesa, intatti.

Ormai la mia organizzazione si era sviluppata in modo incredibile. L’anno seguente ad Andalo raggiunsi il massimo della partecipazione. Circa duecentocinquanta giovani e famiglie parteciparono a quella vacanza; tra le famiglie, ricordo quella numerosa del Cav. Walter Bellei, dell’Ing. Suzzi, dei Tarabini Castellani, la famiglia Stanguellini con Francesco e Rossella ecc., sembrava che tutta Modena volesse partecipare alle,“Tradizionali Vacanze del Prof. Zucchini” come comunemente erano chiamate.

Andalo, gli alberghi, le piste della Paganella, sembravano occupate solamente da modenesi. Naturalmente mi diedero collaborazione, in quella circostanza, tanti colleghi, dato che in ogni albergo erano presenti almeno due insegnanti; con me c’erano i soliti, Bartolomeo Candeli, Maria Pia Bertani, ai quali si aggiunsero Paolo Bassoli, Marco Santunione, Paola Bernardi, le sorelle Melchiorri e Gaetano Gibertini.

Citare i nomi dei tanti partecipanti occorrerebbero almeno due capitoli e per me, riuscire a ripescarli nella memoria resta veramente difficile. E’ stato senz’altro l’anno più impegnativo dal punto di vista organizzativo e di gestione; pur attorniato da validi colleghi, quando sorgevano problemi, o con gli albergatori o con i ragazzi, ero direttamente chiamato in causa, poiché ero il “diretto responsabile” di tutto il gruppo. Per me non erano più vacanze, non vi era un attimo di tregua, era un vero e proprio “tour de force”, di giorno sugli sci, poi la sera e la notte in giro per gli alberghi per tenere sotto controllo la situazione, ogni notte dormivo poche ore e ritornavo in città, al termine dei dieci giorni, totalmente “distrutto”. 

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Scontri al Passo di San Pellegrino

   Gli anni a seguire sono stati quelli di Pejo, quattro volte, di Folgaria, di Pinzolo, di Serrada (due volte). Vi fu anche un ritorno al Passo di San Pellegrino nel 1971-72, moltissime iscrizioni; occupato completamente l’albergo “Cristallo”, nuovissimo, creai un altro concentramento a Bellamonte, località di là dal Col Margherita, in linea d’aria poco distante, ma percorso molto lungo in automobile. I “grandi” al Passo, i “piccoli” e le famiglie a Bellamonte.

Eravamo già entrati negli anni della politicizzazione studentesca e non poté mancare la contrapposizione tra gli opposti schieramenti, anche nell’ ambiente alpino. Non vi erano mai stati problemi di questo tipo in tutti gli anni precedenti, a San Pellegrino successe la notte dell’ultimo dell’anno; un gruppo di ragazze alloggiate a Bellamonte vollero partecipare “a tutti i costi” alla festa con cenone al Passo; le andai a prender con il pulmino Ford con il quale mi ero attrezzato e dopo il “caotico cenone”, a notte fonda le dovetti riaccompagnare a Bellamonte. Notte di “tregenda”, al Passo si stavano accumulando metri di neve con una bufera vista poche volte.

Con il mezzo attrezzato bene per la montagna ed essendo praticamente tutta la strada in discesa, riuscii a raggiungere, sebbene con molta fatica, Bellamonte. Al mio ritorno al passo imparai che durante la notte ne erano successe “di tutti i colori”. Dopo i brindisi e le bevute del capodanno, attraverso il classico abbassamento dei freni inibitori, i due schieramenti che si erano creati, di destra e di sinistra, si scontrarono, prima a suon d’invettive, poi si passò a qualche episodio, limitato, di scontro fisico. I miei colleghi, con in testa Gaetano Gibertini e gli albergatori, ebbero il loro gran da fare per tranquillizzare gli animi alquanto surriscaldati. Verso mattina tutto tornò alla normalità, le intemperie favorirono il ritorno alla tranquillità dato che l’albergo era quasi sepolto dalla neve e uscire all’esterno era molto difficile, Molto meglio godersi lo spettacolo, di quell’eccezionale nevicata, dalle ampie finestrature dell’Hotel.

Mi resi conto, da quel momento, quanto l’esasperazione politica avesse acceso gli animi dei giovani, in netta contraddizione tra loro e anche il periodo delle vacanze invernali, che avrebbe dovuto essere un solo momento di sport e di svago, diventò motivo di divisione tra chi era di destra e chi di sinistra. Personalmente non feci mai delle distinzioni, tanto meno dei favoritismi, ebbi sempre l’accortezza di mantenermi in un certo equilibrio anche perché non diedi mai sottolineature politiche alle mie organizzazioni giovanili.

Il “virus” della politica e dell’ideologia estrema era entrato nelle masse giovanili che si schierarono con tutta la passione dell’età. Negli anni successivi in varie località fui costretto in alcune circostanze a frenare gruppi di giovani che “scadevano” in esuberanze politiche. Non è stato facile usare “il bastone e la carota”; i genitori mi affidavano i loro ragazzi e per me era un imperativo categorico farli ritornare alle loro famiglie,“integri”, sotto tutti i punti di vista.

 Erano gli anni dei gruppi giovanili di nuova composizione, “quelli dei primi anni” erano ormai adulti e le loro scelte diventavano individuali; si affacciavano le nuove generazioni con la presenza di altri giovani modenesi e tra i tanti ricordo: Ludovico Casati Rollieri, Federico Vigarani, Donato Saltini, Paolo Ferrari, Carlo Pandolfini, Federico Bernardoni, Alessandro Guerra, Francesco Verganti, Cecilia Verganti, Paolo Rebucci, Anselmo Vandini, Luca Rebucci, Massimo Fratelli, i fratelli Giorgio e Stefano Goldoni, Aldo Ferretti, Angelo Po’, Patrizia Covili, Carlo Messerotti, Beatrice Lotti, Marcello Lotti. In quelle località ebbi sempre la presenza di gruppi familiari al completo come la famiglia di Giuseppe Panini, quella di Bruno Barbieri, del Dott. “Gigi” Galantini e ricordo le fiaccolate notturne a Pejo, alle quali partecipavamo, assieme ai Maestri di sci, con i nostri sciatori padani.

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Pinzolo

A Pinzolo vi fu un’eccezionale festa di capodanno, con il trasporto “anticipato” alle loro stanze, di alcuni che avevano anticipato le libagioni della mezzanotte. Tutti gli anni, quella della “sbronza di San Silvestro” era una situazione che dovevo tenere particolarmente “sotto controllo”. Quel rito in età giovanile era qualcosa di “dovuto”, gli eccessi ci sono stati, e vari ragazzi ubriachi li ho dovuti sistemare innanzitempo in quella notte di “semel in anno”, ma in rapporto al considerevole numero di ragazzi che “alzavano il gomito” non vi furono mai situazioni particolarmente delicate, eccetto quella che si verificò l’ultimo anno delle mie “Vacanze”, 1981-82, in quel di Andalo, dove chiusi un’attività diventata troppo impegnativa e nella quale avrei potuto correre rischi maggiori, da quel momento in avanti.

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L'incidente di Andalo

L’ultima notte dell’anno rientrai in camera verso le cinque del mattino, dopo nemmeno dieci minuti, fui richiamato da urla disumane provenienti dalla “hall” dell’albergo. Mi affacciai al vano scale e vidi venirmi incontro tre-quattro “energumeni” indigeni, armati di badili che cercavano, gridando il nome ad alta voce, uno dei miei ragazzi. In un qualche modo li affrontai, rischiando: “No, vi sbagliate non è qui quello che cercate!” Cos’era successo? Al rientro in albergo un gruppetto di giovani facenti parte della mia organizzazione, si era “scontrato” con alcuni locali, che ebbero la “peggio”. Infatti uno di “quelli con la vanga” aveva la faccia devastata e sanguinolenta. Ci fu un lungo “conversare”; ci lasciammo, alle prime ore del mattino, con la promessa che ci saremmo incontrati nel pomeriggio, per definire la “faccenda”.

Al pomeriggio di quel primo dell’anno ebbi un lungo colloquio con il/i responsabili dell’episodio. Sia con i “miei”, sia con gli “altri”. Invitai il giovane del mio gruppo a non uscire dall’albergo per tutto il giorno. Alla sera, malgrado tutti miei inviti, il giovane, già maggiorenne, di conseguenza responsabile delle sue azioni, uscì dall’albergo per recarsi in discoteca: Nemmeno mezz’ora dopo ricevo una telefonata: “Prof. Siamo qui in discoteca, circondati da una marea di valligiani che ci vogliono mettere le mani addosso appena usciamo”.

Telefonate concitate al Comando dei Carabinieri che, data la particolarità della giornata, avevano le poche pattuglie a disposizione tutte in giro e lontano dalla nostra zona; al momento e urgentemente sarebbe stata improbabile la possibilità di una loro presenza. Mi reco in discoteca e riesco a parlamentare con i valligiani con i quali ero rimasto in contatto durante il giorno. Avevano riconosciuto il responsabile della rissa, gli volevano rendere “pan per focaccia”. Alcune ore di discussione finalmente riesco a far rientrare “indenne” in albergo, il mio gruppetto, “scortato” a breve distanza dagli indigeni. Nei lunghi colloqui trovai uno spiraglio: feci un accordo con i locali: la cosa si sarebbe risolta con il versamento di “tot” lire e il caso si sarebbe chiuso.

Tirai un grosso sospiro di sollievo, il giorno dopo “radunato” tutto il mio gruppo ed esposta la situazione, essendo la cifra richiesta, alta per il solo responsabile, che in verità si era solamente “difeso”, optai, e feci in modo che tutti accettassero, per una “colletta”. La cifra fu raccolta e versata, tutto si concluse “a tarallucci e vino”. Imparai in seguito da dei personaggi locali e responsabili della comunità di Andalo, che quel gruppo di “giovinastri” era solito andare alla ricerca di episodi analoghi, per cercare di “ragrannellare” un po’ di soldi. Non fu solamente quest’episodio a farmi concludere più di venti anni di “Vacanze Invernali”. Eccessiva era diventata la responsabilità, non ero più il giovane trenta-quarantenne nel pieno delle sue energie psico-fisiche.

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Sci Club Modena

Continuai per un certo tempo con l’attività dello “Sci Club Modena” e con le settimane bianche scolastiche. Seguivo, agonisticamente, un piccolo gruppo di ragazzi che si dedicarono alle gare di sci nell’ambito del Comitato Appennino Emiliano, tra i quali vorrei citare, Andrea Crespi, Carlo Bartolamasi, Giovanni Carpaneto, Alessandro Zucchini, Davide Gasparini e Andrea Zucchini. Non vi erano molti mezzi a disposizione, era difficile far quadrare i bilanci di una piccola Società Sportiva, con un’attività abbastanza costosa.

Trasferte, attrezzature e quant’altro lievitavano i costi in modo incredibile, non era possibile affrontare, “alla pari”, quei club che già, attraverso gli sponsor o attraverso particolari sovvenzioni, potevano “meglio arrangiarsi”.

Significativo, in proposito, quest’episodio. Un anno mi arrivò una cartolina del Comune di Modena, indirizzata allo “Sci Club Modena” dove ci veniva concesso un accredito di 300.000 lire; allora erano “soldini”. Sorpreso, ma nello stesso tempo convinto di un errore, mi recai all’Esattoria Comunale dove doveva essere erogata la somma. Infatti, costatammo immediatamente, che era stato commesso un errore. La somma era destinata allo “Sci Club Mutina”, costituito da pochi mesi, senza nessuna attività alle spalle, ma che rientrava nell’”area” gestita dall’amministrazione comunale. Era stato commesso un errore nell’indirizzare quella disponibilità economica. Gli amici degli amici, avevano sovvenzionato immediatamente quell’entità sportiva, appena costituita, poiché entrava nella loro sfera politica. Tutto questo a prescindere dall’attività agonistica effettuata. Lo Sci Club Modena era da anni che operava nel settore partecipando a gare e quant’altro, gli altri dovevano ancora partire. Tutto finì. Finalmente continuai a sciare e divertirmi per i “fatti miei”

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 Immagini delle Tradizionali Vacanze

 

           
           
           
           
           
           
           
           
           
           

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