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Sommario

* Il primo dopoguerra a Modena e il 1919  * 1923 - 1924 I primi anni dell'Era Fascista
* 1920 Anno di violenze * Gli anni del consolidamento 1925 - 1926
* 1921 - Elezioni politiche - I fatti del 26 Settembre * La crescita della città e dell'economia modenese
* 1922 - Ancora tensioni -- 28 Ottobre Marcia su Roma * Dal 1927 al 1930
* Ricordi di scuola (immagini) * Lo sviluppo dello Sport

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Il primo dopoguerra a Modena e l'anno 1919

Al termine della prima guerra mondiale (conclusasi il 4 Novembre 1918) l’Italia  e la Provincia di Modena in particolare si vengono a trovare in una situazione che definire precaria ci pare eufemistico. 630.00 morti di cui oltre 6.000 modenesi e oltre un milione di feriti  sono il bilancio di quel tremendo conflitto. Oltre ad un debito per spese belliche di 65 miliardi di lire-oro. L’economia modenese era a rotoli, migliaia e migliaia di disoccupati, gli ex combattenti umiliati e avviliti, il rincaro dei prezzi che era arrivato sino a valori del 625%, chiusura massiccia di laboratori, botteghe artigianali e piccole industrie avevano creato nell’opinione pubblica uno stato di frustrazione e di incertezza per il futuro che, malgrado la guerra vinta, non promettevano nulla di buono. Oltre a tutto questo vi fù la pesantissima  epidemia di influenza chiamata “spagnola” che provocò numerosissime vittime.

La gioia della vittoria fu un'ebbrezza forte e fugace L'Italia era divisa in due settori: uno fiducioso, l'altro scettico. Quello fiducioso comprendeva soprattutto la gioventù e, quindi, l'enorme maggioranza del Paese. Il terribile sforzo della guerra aveva costretto anche l'Italia alla mobilitazione totale di tutte le sue risorse, materiali e morali.. Si era compresa la necessità dell'ottimismo la necessità di mantenere segrete le notizie deprimenti, di dare di tutti gli avvenimenti e le interpretazioni più favorevoli. Nacque così la nozione di "disfattismo".


Era fatale, quindi, che la cessazione delle ostilità significasse un crollo delle speranze dei combattenti.  Il gruppo degli scettici, che era composto soprattutto dai neutralisti del 1915, rimaneva convinto che la guerra era stata un gigantesco delitto, di cui l'Italia avrebbe pagato le terribili conseguenze. Essa si proponeva di compiere ogni sforzo per liquidare la mentalità di guerra e cercare di tornare all'equilibrio di prima.
Il governo della vittoria, presieduto da Vittorio Emanuele Orlando, commise un errore decisivo. La Camera, eletta nel 1913, alla cessazione delle ostilità aveva già compiuto da qualche mese il suo quinquennio di vita. Bisognava indire immediatamente le elezioni, come Francia e Inghilterra fecero, approfittando dell'entusiasmo della vittoria e quindi raccogliendone i frutti (e che frutti, li abbiamo visti nelle precedenti pagine).

Fu invece sotto il controllo di una Camera che era sempre quella del 1913, diffidente e segretamente ostile, che Vittorio Emanuele Orlando partì per Parigi. Così, mentre il Parlamento fu la forza dei francesi e degli inglesi, fu la debolezza della nostra delegazione.
La conseguenza fu che l'euforia andò rapidamente svanendo cedendo il campo ad un pauroso spirito di dissoluzione.

La violenta, amarissima delusione fu, ad un tempo, sociale e nazionale. I reduci, ritornati a casa, videro che tutti i posti di lavoro erano occupati da coloro che essi, in trincea, erano stati invitati a disprezzare come "imboscati". Niente era stato preparato per assicurare il pacifico ed ordinato passaggio dallo stato di guerra allo stato di pace. D'altra parte, le industrie che fabbricavano materiali di guerra chiudevano rapidamente i battenti. Venne, quindi, formandosi, fin dai primi mesi del dopoguerra, un'enorme massa di disoccupati, che non apparteneva solo allo strato inferiore della piramide sociale, ma anche al ceto medio.
Le lauree erano state concesse con grande prodigalità: c'era, dunque, una pletora di giovani laureati, ex ufficiali di complemento, che non avevano quasi nessuna possibilità di stabile sistemazione. D'altra parte, la classe dirigente politica, che era sempre dominata dalla maggioranza parlamentare del 1913, non aveva la minima attitudine ad affrontare e risolvere i colossali problemi che le si presentarono.

Una delle principali conseguenze della guerra era stato il colossale impulso che aveva avuto il marxismo: impulso che si era risolto in una profonda trasformazione. La massa dei reduci, appena abbandonato il grigioverde, non trovando nello Stato l'immediata ed efficace protezione alla quale aveva diritto, si rivolse, com'era naturale, ai movimenti sindacali. Questi, diretti da esperti e benemeriti socialisti, assunsero rapidamente proporzioni gigantesche. Sennonché, il socialismo italiano non era già più quello del BISSOLATI del 1901, né quello del MODIGLIANI e del TREVES del 1914, né quello del TURATI patriota del 1917. La rivoluzione russa dell'ottobre 1917 aveva intimamente sconvolto il socialismo di tutti i Paesi.

 Il partito socialista, in Italia, era maturo, alla vigilia della guerra, per la direzione del potere. L'opinione pubblica attendeva con simpatia che alla definitiva caduta di Giolitti, per morte o per vecchiaia, gli sarebbe successo un Turati o un Treves. Lo svolgimento di questo concreto progresso politico fu interrotto non tanto dalla guerra, quanto dalla rivoluzione russa e dal trionfo della frazione bolscevica del partito socialdemocratico. Il bolscevismo aveva adottato metodi che erano totalmente in contrasto con tutte le tradizioni dei partiti socialisti e socialdemocratici; questi, in tutti i Paesi, rimanevano fedeli al metodo democratico e in questo metodo trovavano la base di collaborazione e di convivenza con i partiti democratici borghesi. I bolscevichi, invece. propugnavano l'azione diretta, l'azione rivoluzionaria, l'instaurazione della dittatura del loro partito, organizzato su uno schema autoritario e militaresco.

Finita la guerra, il bolscevismo russo, che voleva creare a sé uno sbocco nell'Europa occidentale e quindi anche in Italia, favorì con danaro e con ogni mezzo il sovversivismo nostrano che, sfruttando le tristi condizioni economiche del periodo del dopoguerra, tentava in qualche modo di impadronirsi dello Stato.
Del resto si era ancora alle idee di Tkacev, che nell'esporre le condizioni di successo di una rivoluzione, scriveva ad Engels

"Basteranno due o tre disfatte militari, alcune insurrezioni contadine simultanee in due tre province e un insurrezione aperta nelle città, in tempo di pace, perché il governo rimanga completamente isolato e abbandonato da tutti. Mille rivoluzionari decisi a tutto, e la rivoluzione è fatta"(P.N. Tkacev, Socineija, II, p. 277).

 II partito maggioritario a Modena, in quegli anni, era il Partito Socialista Italiano con le sue due anime, riformista e rivoluzionaria. Gli esponenti più in vista erano Gregorio Agnini, Alfredo Bertesi di Carpi, l’avvocato Cesare Marverti, il Segretario della CGIL Enrico Ferrari, l’avvocato Pio Donati sempre nell’area di sinistra esistevano altri piccoli partiti quali i socialisti libertari, gli anarchici, i radicali.

Erano i partiti della classe operaia, degli anticlericali e  delle classi più deboli in generale: all’inizio del 1919 venne costituito il Partito Popolare Italiano PPI , i cattolici, che si erano fondamentalmente astenuti dalle lotte di inizio secolo, entrano nella lotta politica. A Modena i maggiori esponenti di questa formazione politica erano : l’avvocato Francesco  Luigi Ferrari, il professore Claudio Nava, l’avvocato Alessandro Coppi, l’avvocato Giuseppe Casoli, il professore Giovanni Rizzati e altri, nella maggioranza appartenenti alla classe borghese e dominante: anche i cattolici presentavano al loro interno due anime, i progressisti e i conservatori. Al centro dunque i cattolici, a destra i liberali che non avevano, almeno a Modena un partito ben definito ed erano raccolti in associazioni, clubs, circoli di vario tipo, ma che si unirono in vista delle elezioni in una lista chiamata “Unione di Rinnovamento”. I maggiori rappresentanti di questo raggruppamento erano a Modena:  l’avvocato Ottorino Nava, il Sindaco Giuseppe Gambigliani Zoccoli, il giornalista–scrittore Giovanni Borelli, il capitano Mario Pellegrini, medaglia d’oro della prima guerra mondiale. Sempre nell’area di destra si trovava l’Associazione Combattenti guidata dall’avvocato Vittorio Arangio Ruiz.

Nel Marzo 1919, il giorno 23, a Milano Benito Mussolini  fonda i Fasci di Combattimento che in brevissimo tempo passeranno da un piccolo gruppo a grossa formazione politica.

A proposito della situazione in Italia così scriveva lo storico Attilio Tamaro:

“in quel momento la fiumana rossa ingrossava, la vita nazionale sembrava doversi spartire tra le camere del lavoro e le sagrestie e il valore della vittoria perdersi nelle bestemmie degli uni o nell’ipocrisia degli altri, Mussolini pensò di fondare un organizzazione che si opponesse a tanto sconquasso. Era colmo di energia esplosiva, credeva nel suo destino e pensava  sé stesso nell’avvenire.. Nel gennaio 1919 appoggio (dato che si trovava ancora su di una linea socialista) l’agitazione dei metallurgici, nel febbraio dei fonditori, nel marzo lo sciopero agrario novarese. Si precipitò a Dal mine per inneggiare, con un discorso diventato celebre, agli operai di una fabbrica ,che, guidati da sindacalisti, l’avevano occupata e vi avevano alzato il tricolore.  

Il 27 Maggio il sottotenente degli arditi  Cesare Cerati nella sala San Vincenzo di Corso Canalgrande ( dove ora ha sede il Tribunale) tiene il primo comizio fascista alla presenza di ex combattenti e studenti, in sala erano presenti anche alcuni socialisti che intonarono l’inno dei lavoratori scatenando un putiferio tale che dovette intervenire la forza pubblica e il comizio fù sciolto. Dopo pochi giorni Gabriele D’Annunzio partì per l’impresa Fiumana  alla quale si aggregarono alcune decine di giovani modenesi.

Il 15 Novembre si svolsero le prime elezioni politiche del dopoguerra che diedero a Modena i seguenti risultati: Partito Socialista Italiano 36.976 voti, Partito Popolare Italiano 10.939 voti, Liberali 6.844 voti, Fascio d’Avanguardia 5.426 voti, Combattenti 1383 voti. Vennero eletti deputati quattro socialisti e un popolare.

 

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* 1920  anno di violenze

Si è parlato tanto di violenza fascista e  sempre in termini di accusa al fascismo. Ma la violenza di quegli anni non nasce dai fascisti. Finita la guerra furono i socialisti, gli anarchici, ed anche i repubblicani ad usare la violenza fisica contro gli avversari. Assalivano i reduci di guerra distruggevano vetrine e picchiavano cittadini inermi mettendo bombe assassine, scioperando selvaggiamente oltraggiando la forza pubblica. La violenza nasce “rossa” e così è rimasta durante tutto il biennio che gli storici hanno definito “rosso” cioè dal 1919 al 1921. Il modello era la rivoluzione russa che avrebbe dovuto sfociare nel sistema dei “soviet”.  (non si dimentichi che già  in quegli anni gli emissari dei Soviet sovietici distribuivano in Europa e in particolare in Italia somme considerevoli per la propaganda e lo sviluppo dei programmi e delle idee bolsceviche).

A questa violenza sovversiva, durissima  e sanguinosa, prima individualmente, poi in forma di squadre organizzate, si opposero cittadini di ogni condizione sociale.

Cosi in tutta Italia ed ovviamente anche in una Provincia, come quella modenese, dove la presenza dell’apparato socialista e poi comunista, era ben radicato.

In quel 1920 gli scioperi e le dimostrazioni erano all’ordine del giorno e la conflittualità tra popolari e socialisti era costante , comizi interrotti , oratori aggrediti  e lotte in continuazione. A Mortizzuolo di Mirandola ci fù il tentativo di accoltellamento di un giovane cattolico; a Polinago un altro cattolico venne pugnalato mentre usciva dalla chiesa; idem a Contese con rivoltellate ad un popolare.

I cattolici reagivano, in modo particolare sull’appennino dove a Lama Mocogno, a Polinago a Montecreto, vennero bastonati propagandisti socialisti; gravi incidenti avvennero a Ospitale di Fanano dove rimasero uccisi, in seguito agli incidenti tra popolari e socialisti, dai colpi dei carabinieri, due socialisti oltre a numerosi feriti e molti arresti vennero effettuati dalle forze dell’ordine.

Il 31 Ottobre ci furono le elezioni amministrative che videro la conquista di quasi tutti i Comuni della bassa da parte dei socialisti e ai popolari quasi tutti i Comuni dell’Appennino e Sindaco di Modena diventò il socialista Rag. Feroccio Teglio.

Il movimento fascista non si era ancora organizzato e partecipava alla vita politica locale in modo disorganizzato e sporadico. Ma la situazione era, nella nostra Provincia come nel resto dell’Italia, a dir poco drammatica e così anche nel modenese il desiderio di ritornare ad una situazione di tranquillità fece si che tante componenti della società civile  si riunissero per cercare di mettere un freno alla sovversione rossa.

Il 16 Novembre in casa Cuoghi in Via Sant’Agata a Modena venne eletto il Direttorio  del Fascio di Combattimento modenese  che risultò cosi composto: Renato Bussadori, impiegato della Manifattura Tabacchi; Ing. Antonio Rizzi industriale; Enzo Roncati, maestro elementare; Mario Aminta Ughi studente di Legge; Fausto Randelli, assicuratore; Alberto Vellani, ex Ufficiale degli Arditi; Carlo Zuccoli agricoltore e possidente; Mario Vellani Marchi pittore; segretario venne nominato Enzo Ponzi, laureando in Legge ex Ufficiale degli Arditi e giornalista della “Gazzetta dell’Emilia”.

Cosi nei giorni successivi si costituivano altri Fasci locali come quello di Carpi, costituito in casa Pellicciari, dove veniva nominato Segretario Bruno Melloni.

Pochi giorni dopo a Bologna si verificarono i tragici fatti di Palazzo d’Accursio, con nove morti e molti feriti. A Modena e a Carpi così come in tutta Italia si svolsero imponenti manifestazioni di protesta , in città sfilarono centinaia di fascisti e a Carpi venne presa d’assalto la Camera del lavoro.

 

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* 1921 Elezioni Politiche - I fatti del 26 Settembre a Modena

Elezioni Politiche

I fatti del 26 Settembre

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  Bosi Ezio   

Carpigiani Umberto

Gallini Gioacchino

Era il Segretario politico del Fascio di San Cesario s.P.. Aveva combattuto della grande guerra ed aveva ventidue anni. Faceva parte del Consiglio Provinciale dei sindacati economici. Era iscritto al Partito Fascista di Modena: non aveva ancora compiuto i diciotto anni. Ex Tenente degli alpini era Segretario politico del Fascio di Mirandola: Fù tra i primi assertori del Fascismo nelle zone della bassa. Aveva ventiquattro anni.

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Garuti Tullio

Micheli Giovanni

Sanley Aurelio

Era uno studente di venti anni iscritto al Fascio modenese. Morì alcuni giorni dopo i fatti del 26 Settembre. Ufficiale di Artiglieria era iscritto al Fascio di San Cesario sul Panaro. Era un fascista attivo ed appassionato e dedicò tutta la sua vita alla famiglia ed alla Patria. Era il Segretario politico del Fascio di Vignola, aveva vent,anni e apparteneva ad una nota famiglia vignolese. notevole era il suo ascendente tra i fascisti della zona.

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Sinigaglia Duilio

Zulato Attilio

Aveva ventisei anni e apparteneva al Fascio modenese e comandante delle squadre d'azione. Ex Tenente degli Arditi ed ex legionario fiumano. Apparteneva al Fascio di Modena, studente era un ragazzo buono e dedicava al partito tutte le ore libere dallo studio. Morì con sulle labbra le parole" Italia e mamma" 

         

                                                                              

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* 1922 - Ancora tensioni - 28 Ottobre Marcia su Roma

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Ricordi di scuola

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Classe seconda anno 1926 Classe  terza anno 1927 Classe quarta anno 1928  Classe quinta anno 1929

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Disegni scolastici

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La nonna autocaricatura Mulino ad acqua Acquerello 

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