Emme Rossa |
Sommario
Agli
inizi degli anni’70, con la Segreteria Almirante decisamente efficiente e
pronta a confrontarsi sui vari fronti, inizia la ripresa costante del MSI e
nello stesso tempo ebbe inizio il periodo degli “scontri” e della
“guerra civile strisciante”.
A Genova,
durante un comizio di Giorgio Almirante, il 18 Aprile 1970, viene ucciso dai
”rossi”, l’attivista missino, Ugo Venturini. Sarà il primo di una lunga
serie, che disseminerà, le strade e le Piazze di molte città italiane, di
giovani morti, sui due fronti.
La pressione
del PCI nelle piazze e in parlamento è sempre più incalzante, le tensioni si
accendono al punto tale che non saranno più scontri accesi dove
frequentemente si contavano contusi e feriti, ma saranno le armi a sparare e
ad uccidere e a farne le spese saranno tanti ragazzi di destra e di sinistra,
facili prede negli anni dove imperava la “strategia della tensione”.
Alle prime
elezioni regionali del Giugno 1970, il Movimento Sociale Italiano comincia a
risalire la china dopo i cali delle elezioni precedenti, raggiungendo il 5,2%.
Il 9°
Congresso del Partito, che si svolse a Roma dal 21 al 23 Novembre, denota un
cambiamento di rotta radicale. E’ cambiata anche la scenografia e, per la
prima volta dal 1948, il Movimento Sociale, tiene, senza scontri, il suo primo
Congresso unitario.
Dal Luglio
1970 al mese di Febbraio 1971, sarà la “Rivolta di Reggio Calabria” a
tener desta l’opinione pubblica; iniziata come azione tendente a ottenere
per quella città il ruolo di capitale della regione, diventa in seguito un
vero e proprio scontro politico e il MSI, dopo le “prese di distanza”
iniziali, con colui che poi diventerà Deputato, “Ciccio” Franco, si trovò
a cavalcare quella battaglia prettamente meridionalista. Nei primi mesi del
1971 nasce a Milano la “maggioranza silenziosa” che, in varie città
italiane vide sfilare per le strade, decisi a fronteggiare la
strumentalizzazione della piazza, migliaia di persone di destra.
Con le
elezioni amministrative, che videro un clamoroso successo del Msi in tante
città (Roma il 16,2%, la Sicilia il 16,3%, Catania il 21,5%) il Partito si
avvia a quella trasformazione che lo porterà a costituire, nella ricerca di
una “egemonia” dell’area di destra, la nuova formazione politica
“Destra Nazionale”. Si cercò un’aggregazione di tutta l’area
anticomunista, svilendo, in parte, la vera “identità del MSI.
Quella
manovra porterà il partito su posizioni più “garantiste”, inserendo
nelle proprie liste personalità provenienti da altre esperienze politiche, ad
esempio quella dell’Ammiraglio Gino Birindelli, ex comandante delle forze
navali della Nato nel Mediterraneo. L’ammiraglio venne anche a Modena in
occasione della campagna elettorale e dopo vi fù un incontro conviviale
al quale parteciparono tantissimi modenesi.
Un altro
aspetto che, a posteriori, suscitò numerose polemiche, fu quello della
“costruzione” di un area culturale di destra più coesa, guidata dal
filosofo Armando Plebe che, “transfuga” da sinistra, con numerosi
convegni, anche a livello europeo e con la realizzazione di riviste che
raccoglievano il pensiero di uomini di cultura di varie nazioni quali, Eugene
Jonesco, Thomas Molnar, Vintila Horia, Giuseppe Prezzolini, Ernst Junger,
Mircea Eliade, Diego Fabbri, Giuseppe Berto e molti altri, si cercò di dare
un immagine “perbenista” ma in realtà qualunquista, alla cultura di
destra, da sempre “emarginata” o quanto meno esclusa dai circuiti “che
contano”.
L’ala rautiana continuerà a mantere viva, all’interno del partito la linea radicale e antisistema e servirà, attraverso iniziative quali l’uscita di “Civiltà”, “Alternativa” e “Linea”, a tenere aggregati, uomini di cultura in contrapposizione agli orientamenti, che in quel periodo, prevalevano nel MSI.
Le elezioni
politiche del 1972 fecero fare un notevole balzo in avanti al Partito che, con
2.896.752 voti, pari al 8,67%, inviò alla Camera 56 Deputati e al Senato con
il 9,01% e 2.737.595 voti ebbe 26 Senatori, ottenendo un clamoroso successo in
tutta Italia, compresa la nostra città. La DC mantenne, con 12.912.466 voti
pari al 38,66%, la posizione dominante seguita dal PCI che arrivò, con un
ulteriore leggero miglioramento con 9.068961 voti, al 27,15%. In calo notevole
socialisti, liberali e repubblicani.
Al Comune di
Modena vi furono questi risultati: Movimento Sociale Italiano, 4.996 voti pari
al 4,13%; il Partito Comunista rimase sulla posizione delle ultime elezioni
con il 47,92%, così come i democristiani fermi al loro valore tradizionale
del 25%; in calo i socialisti e i liberali.
Nella
Circoscrizione, Bologna, Ferrara, Ravenna, Forlì fu eletto deputato il
modenese Pietro Cerullo, mentre nella nostra circoscrizione, Modena, Reggio,
Parma e Piacenza fu eletto il piacentino Carlo Tassi, con grave disappunto del
candidato modenese Gianpaolo Manzini che si vide sconfitto, per una manciata
di voti; certe lotte intestine al partito della Federazione modenese, non
permisero l’elezione del nostro validissimo candidato.
Continua, in
tutta Italia, la spirale della violenza: a Salerno il 7 Luglio del ‘72 un
altro giovane di destra, il missino Carlo Falvella fu ucciso a coltellate da
un estremista dell’ultra sinistra.
Dal 18 al 21
Gennaio 1973 si svolge a Roma il 10° Congresso del Movimento Sociale
Italiano. La lunga e articolata relazione introduttiva del Segretario del
Partito Almirante, che venne completamente recepita nella mozione finale,
cercando di ridurre il più possibile i riferimenti ideologici al “passato
regime” ed inserendo al vertice della Presidenza uomini come Gino Birindelli,
Achille Lauro, e Covelli, sarà il momento del massimo risultato di quella
operazione che non durerà molto tempo.
Nel frattempo il Raggruppamento giovanile della “Giovane Italia” si trasforma nel “Fronte della Gioventù” che, anche a Modena ritornerà ad avere, come all’inizio degli anni ’60, un considerevole aumento degli iscritti.
Il 23
Febbraio 1973 a Modena si costituiva la nuova Direzione Federale del Movimento
Sociale Italiano. La direzione venne così composta: Manzini Dr. Gianpaolo,
Commissario Straordinario e Enti Locali; Rebucci Rag. Gianfranco Vice
Commissario e Sindacati; Rivaroli Ing. Bruno, Vice Commissario e
Organizzazione; Zucchini Prof. Bruno, Settore scuola ed attività sportive;
Pincelli Univers. Antonio, settore Stampa e Cultura; Lasagni Geom. Filiberto,
settore Propaganda; Mantovani Rino, settore Combattenti; Vandelli Celso,
Rapporti con la Provincia; Radmilovich M°. Roberto Segretario Sezione di
Modena; Manara Univers. Enzo, Segretario Fronte della Gioventù; Meiners
Univers. Paolo, Presidente del Fuan; Rebucci Prof.sa Maria Pia, settore
femminile.
I gravi incidenti dell’11 Aprile del 1973 a Milano, durante una
manifestazione del MSI da tempo programmata e all’ultimo momento revocata,
che provocarono la morte dell’agente di PS Antonio Marino con
l’incriminazione di due giovani missini, Vittorio Loi e Maurizio Morelli,
denunciati dagli stessi dirigenti del Partito, crearono seri problemi a tutto
il mondo della “Destra
Nazionale”.
A Modena,
come in tutta Italia, suscitò vastissima eco la notizia del brutale
assassinio dei due figli del Segretario della Sezione del MSI di Primavalle, a
Roma. Alcuni militanti dell’estrema sinistra di “Potere Operaio”,
diedero fuoco, la notte del 16 Aprile 1973, all’appartamento di Mario Mattei,
dove trovarono orribile morte, due dei suoi figli, Virgilio di ventidue anni e
Stefano di otto anni. Il “rogo di Primavalle” diede l’avvio ad un
decennio di atroci lotte tra rossi e neri. L’immagine del giovane missino,
carbonizzato, alla finestra della sua casa, fece rabbrividire l’intera
nazione. Una famiglia “proletaria”, di destra, distrutta, sterminata, da
“figli di papà”, ricchi e borghesi, che militavano a sinistra.
La sequela dei lutti continuò nello stesso anno con l’uccisione a Reggio Calabria del militante della Cisnal, Giuseppe Santostefano, da parte di attivisti rossi, e della morte a Pavia di un altro missino, Emanuele Zilli, in seguito all’aggressione di comunisti di quelle zone.
Mi trovai, in occasione dell’inaugurazione della sezione del MSI di
Finale Emilia, assieme al Segretario del Partito, Gianpaolo Manzini, a
distanza di poche settimane dal “rogo di Primavalle” a dover commemorare
quel tragico fatto. Quella di Finale, era una delle poche sezioni del Msi
aperte in Provincia di Modena: ero entrato da poco tempo nella direzione del
Partito, dietro invito del Segretario il quale, in quella circostanza, volle
che fosse il sottoscritto a tenere il discorso di presentazione della
Federazione Modenese, onde avvalorare la mia presenza con quell’intervento:
mi trovai, sconcertato, anche perché non era previsto e Gianpaolo mi prese
alla sprovvista, oltre al fatto che la presenza di un oratore “navigato”
ed esperto quale era il Federale modenese mi mise in un certo imbarazzo: i
recenti fatti di sangue in Italia mi portarono a svolgere un discorso
improntato alla visione del superamento della ondata di odio che si stava
sviluppando in Italia, cercai di essere il più possibile coerente alla mia
personalità che, tra l’altro, mi aveva visto, in quelle zone, ai miei primi
anni d’insegnamento: credo di aver superato onestamente la prova.
Sempre in quell’anno vi furono, per il Movimento Sociale, due gravi perdite; a Febbraio morì l’ex Segretario Augusto De Marsanich e in Agosto perse la vita, in un tragico incidente stradale, Adriano Romualdi, figlio di Pino, che aveva già raggiunto rilevanti traguardi nel mondo della cultura e non solo di quella di destra.
I quegli anni
vi fu, su tutto il territorio nazionale, la costituzione delle Unità
Sanitarie Locali (USL). Era, apparentemente, una vera e propria rivoluzione
della Sanità pubblica. Alla costituzione era chiamata un’assemblea dove
erano presenti i rappresentanti di tutti i Partiti politici, oltre ai Sindaci
dei Comuni del comprensorio dove si andava a costituire. Modena, e i Comuni
viciniori, costituivano la USL n.16. Al Partito non si trovò un medico o un
paramedico disposto ad entrare in quella “costituente”. Mi si chiese di
prendervi parte; accettai. dopo qualche perplessità e mi trovai il giorno di
quell’evento nell’aula consiliare del Comune di Modena a rappresentare il
Msi. Era presente tutto il “ghota” politico modenese: già al primo
incontro, un vecchio amico degli anni giovanili, che rappresentava una
posizione politica dell’area di centro, mi venne incontro affabile e
sorridente, al momento della dichiarazione di chi rappresentavamo e che il
sottoscritto in quel contesto era il portavoce del Msi, ebbe una reazione
istintiva e subito si allontanò, cosi come quando mi presentai all’allora
Sindaco Germano Bulgarelli, che ebbe una reazione analoga quasi “schifato”
di dover stringere la mano a un missino; quando poi mi accomodai nello scranno
solitamente a disposizione del Msi, venni subito “emarginato” dal
consigliere repubblicano, mio vicino, che per prendere le
distanze e dimostrarmi la sua “distanza”, mi girò completamente le
spalle per farmi capire che lui non voleva avere niente a che fare con
l’”appestato”. Mi stavo, veramente, divertendo “un sacco”. Quando
poi presi la parola, dopo che altri erano intervenuti, mentre nell’aula era
tutto un “vocio”, al momento che il Sindaco “suo malgrado” disse:
“la parola al rappresentante del Msi”, vi fu immediatamente un silenzio di
tomba. Tutti a squadrarmi, specialmente dai banchi della sinistra, in
“cagnesco” quasi che la parola la prendesse lo “Yeti delle nevi”; la
situazione era sempre più grottesca e in un certo qual modo favorì il mio
intervento, con valutazioni suggeritemi da amici medici, che in precedenza
avevo consultato; sparai la mia “arringa” contro il nuovo modo di
concepire la Sanità specificando che, provenendo dal mondo della scuola e,
avendo visto lo sfacelo che le innovazioni stavano portando in quel settore
che avrebbero tutt’al più creato un maggior numero di “somari”, ben
altra cosa sarebbe stato lo stravolgimento della sanità visto e considerato
che si sarebbe giocato sulla “pelle” dei cittadini.
Il mio dire suscitò la reazione dell’allora consigliere, poi futuro Sindaco, Mario del Monte, il quale m’interruppe asserendo che quelle che dicevo erano le valutazioni che faceva il “Secolo d’Italia” (quotidiano del MSI) che lui, “edicolante”, leggeva tutte le mattine. La mia risposta ovviamente venne facilitata e fu precisa e puntuale, prima complimentandomi con Lui della lettura del quotidiano poi, dicendo: “ Ma, secondo Lei, avrei dovuto portare, in questa sede, gli articoli del suo giornale di partito l’”Unità” visto che rappresento un area politica totalmente opposta ecc.ecc.” Non vi fu l’applauso corale, ma ebbi la soddisfazione di ricevere le congratulazioni del rappresentante del Partito Liberale Italiano, il Dott. Gaetano Rossi, che si alzò dal suo scranno per stringermi la mano, dicendomi: ”La ringrazio per quello che ha detto, finalmente si risente in quest’aula, e con cognizione di causa, la voce del Movimento Sociale Italiano”. Dopo quattro incontri in quell’assemblea, essendo stato escluso dalla riunione dei capigruppo, laddove si dovevano “spartire la torta” della Sanità locale, diedi le mie dimissioni, poiché non accettavo il “loro modo democratico” della scalata al potere di quell’importante settore, che avrebbe dovuto essere a disposizione di tutta la cittadinanza e di tutti i loro rappresentanti. La salute pubblica non è né di destra né di sinistra. “Loro”, l’hanno totalmente occupata. Per restare sempre in argomento vorrei raccontare di un incontro, avvenuto tempo dopo, con un amico degli anni della scuola che mi disse di essersi inserito nella dirigenza del Policlinico modenese, pur avendo avuto due parenti stretti uccisi nel dopoguerra dai partigiani: mi disse candidamente: “Se hai bisogno di qualsiasi cosa in questo settore puoi rivolgerti al sottoscritto che ha un ruolo abbastanza importante nella dirigenza”, gli ribattei, ringraziandolo per l’offerta: “allora ti sei messo in tasca la tessera comunista o socialista”. Non mi negò di essersi iscritto al Partito Socialista e di aver fatto, all’interno di esso una “modesta carriera politica”.
Il 25 Giugno
1973, anche a Modena, si costituì il Centro Sportivo Fiamma. Esso era nato
nel 1948 come, ente promozionale dello sport con l’obiettivo
dell’allargamento del numero dei praticanti nel nostro paese e con la
convinzione che lo sport, sia esso agonistico o ricreativo, rappresenti una
componente essenziale nel processo educativo dell’individuo e sia quindi un
fattore determinante in vista del miglioramento qualitativo dei cittadini. Il
Centro Nazionale Sportivo Fiamma, era diffuso su tutto il territorio Nazionale
con centinaia di società che operavano in quasi tutte le discipline sportive
giungendo anche a traguardi di altissimo livello come lo dimostrarono le
atlete, Gabriella Dorio Medaglia d’oro nei 1500 metri alle Olimpiadi di Los
Angeles ed Agnese Possamai, campionessa italiana ed europea del mezzofondo.
A Modena i fondatori della Società Sportiva “Fiamma Modena” furono; Bruno Zucchini, Maurizio Coppini, Enzo Manara, Carlo Marcucci, Corrado Rebucci, Maurizio Rebucci, Roberto Radmilovich, Gianfranco Rebucci, Ettore Sola, Donato Saltini e Maurizio Spinelli. L’attività era particolarmente rivolta all’atletica leggera e alla pallavolo. Modesta fu l’attività svolta, per tantissime ragioni, mancanza di fondi, difficoltà a trovare impianti, ostracismo da parte del potere locale e altri fattori negativi che non permisero un vero e proprio decollo. Dopo pochi anni la società si sciolse, per essere ripresentata sul nostro territorio, nel 1983.
Referendum
sul divorzio del 1974
Il referendum
abrogativo sul divorzio, tenutosi il 12/13 Maggio 1974, che vide il MSI
schierato a fianco della DC nella speranza di un “recupero” dell’area
centrista, creò un dibatto interno di notevoli proporzioni. Ricordo che,
poche settimane prima di quel voto, venne a Modena per la campagna elettorale,
l’On. Giorgio Almirante con il quale ebbi un piccolo scontro nella sede del
partito in quanto sostenevo che gran parte della base degli iscritti al Msi,
compreso il sottoscritto, era favorevole al divorzio e che sarebbe stato
sufficiente ascoltare gli “umori” dei cittadini per rendersi conto che
quella ”iniziativa” era un fallimento in partenza e che, per la posizione
stessa dell’uomo Almirante, avrebbe dovuto orientarsi in quella direzione.
Mi rispose che quell’operazione, puramente politica, era troppo importante
per il partito. Io insistetti perché almeno si doveva lasciare libera scelta
all’elettorato di destra. Il referendum, come previsto, fu una vera e
propria “debacle” per l’asse Almirante-Fanfani. Il MSI si trovò, anche
per altre situazioni sfavorevoli quali, “la strategia della tensione”, con
la strage di Piazza della Loggia di Brescia del 28 Maggio 1974, e della strage
del treno Italicus del 4 Agosto, a dover fronteggiare una campagna di stampa e
di accuse tali, da parte di tutti, mass-media e partiti politici, che
accusavano i neo fascisti di ogni malvagità e di tutte le turpitudini che
accadevano nel paese.
Notevole
impressione suscitò, in tutta Italia, il 18 Aprile 1974, la notizia del
rapimento, a Genova da parte delle “Brigate Rosse”, del Sostituto
Procuratore della Repubblica di quella città, Mario Sossi. Rimarrà
prigioniero delle “sedicenti”, come si giustificavano a quei tempi, BR,
per parecchi giorni, interrogato, “processato”, fotografato, mentre le
indagini brancolavano nel buio.
Il 17 Giugno
1974 a Padova, nella sezione del MSI, vengono uccisi dalle “Brigate
Rosse”, due militanti missini, Giuseppe Mazzola e Graziano Giralucci.
Nel mese di
Ottobre di quell’anno provocò ampio scalpore, a Modena la notizia
dell’arresto del noto avvocato, per molti anni aderente al MSI, Leopoldo
Parigini. I giornali locali “Gazzetta di Modena” e “Il Resto del
Carlino” riportarono, con titoli a tutta pagina, del tipo: ” Passava da
Modena la via del golpe”, la clamorosa notizia che, oltre a suscitare
stupore e incredulità negli ambienti modenesi, fu altrettanto sconvolgente
all’interno del Partito. Il Parigini, dopo aver subito mesi di carcere e
continui processi, fu completamente scagionato dalle accuse, ma, quanto meno
si vide, in parte, compromessa la sua professione di avvocato.
Iniziarono in
quel periodo le pubblicazioni di una rivista d’area, controcorrente, “La
Voce della Fogna” diretta dall’”eretico” Marco Tarchi, che ebbe ampia
diffusione tra i giovani del Msi.
L’anno 1975 vide l’”escalation” della violenza politica sul territorio Nazionale. A Roma continui scontri avvennero, durante il Processo ai militanti di Potere operaio, Achille Lollo, Manlio Grillo e Marino Clavo, accusati di essere gli esecutori del “Rogo di Primavalle”. Il giorno 28 Febbraio, nell’aula di Tribunale si scontrarono un missino e un extraparlamentare di sinistra, riconosciuto, sette ore dopo, da testimoni missini come l’uccisore del giovane del Fuan Mikis Mantekas. Quel personaggio, dopo lo scontro in tribunale venne fermato dalla polizia e immediatamente rilasciato per il pronto intervento di uno dei legali del collegio di difesa degli accusati tra i quali erano presenti due personaggi di spicco della sinistra: il Senatore Umberto Terracini del Pci e il Senatore Giacomo Mancini del PSI. Poche ore dopo gli extraparlamentari di sinistra attaccano, armati di pistole e di bottiglie molotov, la sede del MSI di Via Ottaviano, provocando una vera e propria tempesta di fuoco, Mikis Mantekas sarà colpito con un colpo di pistola in testa e morirà subito dopo. Vi furono inoltre numerosi feriti tra i giovani del Msi.
A Milano, in
quel drammatico periodo, si compie uno dei più atroci ed efferati delitti di
quegli “anni di piombo”. Un nutrito gruppo di militanti della frangia
extraparlamentare di “Avanguardia Operaia”, sono una decina, attaccano
“coraggiosamente”, a colpi di “chiave inglese” un ragazzino di
diciannove anni, militante del “Fronte della Gioventù”, sotto al portone
della sua casa. E’ il 13 Marzo 1975. Gli spaccano il cranio con una serie di
“sprangate” con l’attrezzo del quale ne avevano fatto un emblema e lo
abbandonano in una pozza di sangue. Il giovane resiste sino al 29 Aprile, si
chiude il quel modo la vita di Sergio Ramelli.
In quei giorni, sempre a Milano, saranno “sprangate” una decina di
persone tutte di destra. In questi ultimi tempi, alcune città d’Italia,
Modena compresa, hanno dedicato a Sergio Ramelli la titolazione di una strada.
Il 29 Ottobre, sempre nell’infuocata Roma, era ucciso a colpi di fucile
sparati da una macchina, davanti alla sezione del Msi di Via Gattamelata al
quartiere Prenestino, da brigatisti rossi, il giovanissimo militante missino,
diciassette anni, Mario Zicchieri.
Sempre in
quell’anno, a Milano in Aprile, durante un attacco di militanti comunisti a
due auto di missini, il giovane Antonio Braggion, vistosi sopraffatto e
rimasto isolato, mentre gli attaccanti gli sfasciavano l’auto nella quale si
era rifugiato e già stavano per colpirlo, per difendersi, estrae dal cassetto
dell’auto una pistola e spara nella direzione degli extraparlamentari
uccidendo il giovane militante di sinistra, Claudio Varalli. Scontri e
manifestazioni si succederanno nei giorni successivi, Milano era veramente a
“ferro e fuoco”.
Pure a Modena
si respirava quel clima da “guerra civile” che si era creato nelle grandi
città. I giovani di destra si trovavano in uno stato di continua tensione e
la preoccupazione dei dirigenti del partito era particolarmente elevata;
bisognava cercare di tenere sotto controllo i ragazzi che si sentivano
“braccati” e che andavano alla ricerca di un’eventuale difesa, a tutti i
costi, in caso di azioni da parte degli extraparlamentari di sinistra. Il
momento fu particolarmente delicato. Fortunatamente sul nostro territorio non
accaddero episodi simili a quelli che, quasi quotidianamente, avvenivano nelle
due città, Roma e Milano.
Alle elezioni
amministrative che si tennero il 1975
si ebbero a Modena questi risultati.
Anche
l’anno 1976 fu drammatico per la catena continua, un vero e proprio
stillicidio quotidiano di episodi di violenza, attentati, incendi, omicidi,
pestaggi. I vari gruppi armati sembravano aver preso possesso del territorio;
le città più colpite, Roma e Milano, ma anche, Napoli, Torino, Firenze e
tante città di Provincia, i militanti di “Potere Operaio”, “Brigate
Rosse”, “Autonomia Operaia”, “Prima Linea”, a sinistra e “Ordine
Nuovo”, “Nuclei Armati Rivoluzionari”, “Avanguardia Nazionale”, a
destra, sono ogni giorno sulla cronaca nera dei giornali italiani. Citiamo
solamente alcuni casi “eclatanti”: quello dell’uccisione, il 29 Aprile
1976 a Milano, del Consigliere Comunale del MSI, l’avvocato Enrico Pedenovi
di cinquanta anni e padre di due figlie, “freddato” da dieci proiettili
sparati da due terroristi. Un mese dopo, a Sezze Romano, (Latina), dopo un
comizio del Deputato del Msi, Sandro Saccucci, vi furono gravi incidenti, i
missini, aggrediti, sparano e uccidono il giovane Luigi De Rosa di 19 anni,
iscritto alla Federazione Giovanile Comunista.
Il 10 Luglio
viene ucciso, a Roma, da elementi di estrema destra, il Giudice Vittorio
Occorsio che da tempo indagava sui movimenti “neo-fascisti”. Il 15
Dicembre, a Sesto San Giovanni (Milano), resta ucciso in uno scontro con
elementi delle brigate rosse, l’unico modenese, a mia memoria, rimasto
coinvolto in quella “guerra civile strisciante” degli “anni di
piombo”, l’Avv. Vittorio Padovani. Di Modena, laureato in Legge, si era,
da qualche anno, trasferito a Milano come Vice-Questore: io lo ricordo come
atleta della Società Panaro, sezione Atletica Leggera e in varie circostanze
ci siamo battuti, sulle piste, tra le staffette 4x100 della Fratellanza e
della S.S.Panaro.
In quell’anno si tennero le Elezioni Politiche che videro il Msi in declino rispetto al grosso successo ottenuto nel 1972. Il Partito ottenne alla Camera 2.245.376 voti pari al 6,1%, eleggendo 35 Deputati, mentre al Senato con 1780950 voti uguali al 5,7%, ebbe 15 Senatori. Vi fu, in quella tornata elettorale, il traguardo più alto del PCI che raggiunse il 34,4%, mentre la DC con il 38,3% rimaneva sempre il partito di maggioranza. A Modena città il Movimento Sociale raggiunse il 2,9% con 3.839 voti, mentre la DC raggiunse il 27,7% e il solito PCI, arrivò a superare il 50 per cento, raggiungendo con 68.803 voti, il 52,2%. Mentre i Liberali crollarono allo 0,96%.
A Modena, il
4 Dicembre 1976, il “Comitato per la città a misura d’uomo”, organizza
la famosa “lenzuolata” di Piazza Grande per denunciare le irregolarità
edilizie e le responsabilità della Giunta Comunale relative alle “strane”
situazioni relative al quartire “Cittadella”, alla stessa Piazza Grande
con l’abbattimento del Palazzo di Giustizia e la costruzione della Cassa di
Risparmio con l’avanzamento di alcuni metri nella Piazza, rispetto
all’edificio precedente, oltre alla strana operazione della demolizione
della “ex Gil”, uno dei più importanti edifici dell’architettura degli
“anni trenta” con relativo verde e campi da gioco dove al momento si era
installata la Scuola Media “Amici” per costruirvi grandi palazzi a
“reddito” stravolgendo completamente quella zona e la costruzione
dell’”Asse attrezzato” chiamata anche la “strada dei rubli” ed altre
discutibili “operazioni”. Venne anche pubblicato sull’argomento un
“libro bianco”, ma in breve tempo tutto fu “messo a tacere”.
In quel mese di Dicembre, per impedire che la realizzazione del progetto Almirantiano della Destra Nazionale, potesse avere ulteriore successo, attraverso un iniziativa guidata dalla Democrazia Cristiana e da frange della massoneria, si tenta un operazione tendente a “frantumare” l’area di destra. Il 20 Dicembre 1976 si costituisce alla Camera il gruppo parlamentare: “Costituente di Destra-Democrazia Nazionale”. Il colpo, inizialmente, per il Movimento Sociale è molto duro; se ne andranno, a far parte di quella nuova coalizione, 17 Deputati su 35, 9 Senatori su 15, 13 Consiglieri Regionali su 40, 51 Consiglieri Provinciali su 160, 350 Consiglieri Comunali su 1500. Il vertice del Partito è decapitato. Nello stesso tempo non una Federazione passa con i dissidenti e la base resterà unita e vicina al Movimento Sociale Italiano.
I fondatori e
i Dirigenti di “Democrazia Nazionale” furono: Ernesto De Marzio, Gastone Nencioni, Raffaele Delfino, Mario
Tedeschi, Enzo Giacchero e il modenese Pietro Cerullo che fu anche Segretario
di DN dall’Aprile al Dicembre 1979, data dello scioglimento. Alle elezioni
di quell’anno, raggiunse solamente lo 0,6% e nessun deputato eletto, fu un
“flop” clamoroso.
A Modena
quell’operazione fu molto discussa, e la base, che era completamente
allineata sulla linea di Almirante e Rauti, che allora “andavano a
braccetto”, non accettò assolutamente la posizione degli
“scissionisti”. Pure io rimasi sorpreso e amareggiato, senza arrivare alla
“demonizzazione” e/o alle accuse di “seguaci di Badoglio”, ai
dirigenti modenesi Pietro Cerullo e Gianpaolo Manzini che fecero quella
scelta.
Subito dopo
il Movimento Sociale Italiano tiene, dal 14 al 16 Gennaio 1977 a Roma, il suo
11° Congresso. L’allontanamento di una vasta parte degli uomini che
predicavano l’inserimento a tutti costi nel “sistema”, lascia spazio al
“leader” della corrente “Linea Futura”, Pino Rauti che troverà un
perfetto accordo con il Segretario Almirante, per rilanciare una politica più
aggressiva a sinistra. Vi sarà unità d’intenti e l’elezione a Presidente
del MSI di Pino Romualdi e a Segretario di Giorgio Almirante, ridaranno ampia
fiducia alla base che era rimasta “frastornata” dalla scissione “demonazionale”.
Al Congresso, poi, del “Fronte della Gioventù” del Maggio ‘77 (dopo
l’uscita di Pietro Cerullo che ne era stato il Presidente) verrà nominato
Segretario Nazionale l’almirantiano, Gianfranco Fini.
Nell’estate
di quell’anno si avrà anche la realizzazione del “1° Campo Hobbit”,
che fu il primo esperimento di raduno di giovani di destra in un contesto
puramente “Ricreativo” e con la presa di distanza da certi stereotipi del
mondo classico della “destra neofascista”. Negli anni seguenti vi furono
altre due edizioni di quella manifestazione, che segnò un punto di
riferimento fondamentale nell’evoluzione del “movimentismo” missino e
che porterà ad una vera rivoluzione culturale nei giovani del “Fronte”.
Purtroppo la
violenza continua ancora quell’anno con una serie impressionante di,
agguati, uccisioni, “gambizzazioni”, ne fece le spese anche il noto
giornalista Indro Montanelli, e le solite “sigle” si assumevano la
responsabilità di queste azioni, in una vera e propria “escalation” del
terrore.
A Torino il 1° Ottobre, nell’incendio di un bar-discoteca, “Angelo Azzurro” dove erano soliti riunirsi giovani di destra, in seguito all’attacco di elementi dell’estrema sinistra, morirà carbonizzato, un giovane simpatizzante, Roberto Crescenzo, mente a Roma il 28 Dicembre, viene ucciso da killer “rossi” il militante di destra; Angelo Pistolesi.
Uno
degli agguati più feroci, dove rimasero uccisi tre giovani missini, fu quello
della strage, alla sezione del Msi “Acca Larentia” di Roma la sera del 7
Gennaio 1978.
Franco
Bigonzetti, Francesco Ciavatta e Stefano Recchioni si erano ritrovati nella
sede per andare a fare un volantinaggio relativo ad un concerto, che il gruppo
musicale d’area, “Amici del Vento”, doveva tenere in quei giorni. Sono
tre ragazzi di nemmeno venti anni; i primi due vengono uccisi da una scarica
di mitraglietta sparati da un auto di militanti dell’estrema sinistra
davanti alla sede del Msi, il terzo verra ucciso poco dopo da un Capitano dei
Carabinieri, in seguito alla tensione che si era creata nella zona subito dopo
l’agguato dei “rossi”
Quella
giornata, per molti militanti di destra segnò un punto di passaggio,
traumatico, per tanti di loro che si avvicinarono e presero parte alla
“lotta armata” e al “terrorismo”.
Il 6 Marzo, nell’infuocata Roma, venne ucciso Franco Anselmi, appartenente alle formazioni extraparlamentari di estrema destra, e il 20 Aprile, venne trovato morto, nella cella dove, a poche ore dal suo arresto, era stato collocato in seguito ad una manifestazione, il giovane, aderente al “Fronte della Gioventù”: Riccardo Minetti.
A Roma, alle 9.15 del 16
marzo 1978, il giorno in cui il
governo appena nominato, guidato da Giulio
Andreotti, doveva presentarsi in Parlamento per ottenere la "fiducia",
l'auto che trasportava Moro da casa alla Camera dei Deputati fu intercettata
in via Mario Fani da un “commando” delle Brigate
Rosse, organizzazione dell’ estrema sinistra, che in pochi
istanti portò a termine una delle più feroci azioni terroristiche che si
ricordino nella storia italiana. In una manciata di secondi, sparando con armi
automatiche, i terroristi massacrarono i due carabinieri a bordo dell'auto di
Moro (Domenico Ricci e Oreste Leonardi) e i tre poliziotti a bordo dell'auto
di scorta (Raffaele Jozzino, Giulio Rivera e Francesco Zizzi) e sequestrarono
il presidente della Democrazia Cristiana. Moro venne caricato a forza su
un'auto che si allontanò rapidamente verso una direzione in quel momento
ignota. L’azione venne rivendicata con il primo dei nove comunicati che le
Brigate Rosse inviarono durante i 55 giorni del sequestro. Il 9
maggio dello stesso
anno, dopo 55 giorni di detenzione, al termine di un presunto processo
del popolo, sarebbe stato assassinato per mano di Mario
Moretti. Il cadavere di Moro venne ritrovato il 9 maggio in una Renault
4 rossa in via Caetani, in pieno centro di Roma.
Sono stati
quelli, anni in cui anche il vertice del partito ebbe gravi difficoltà a
tenere sotto controllo le correnti giovanili disturbate dalla situazione
caotica del “movimentismo” della società giovanile di quei tempi e
condizionate da un certo “immobilismo politico” dei capi storici.
Da una
comunicazione statistica di quegli anni sono stati censiti, nel 1978 in
Italia, 2.365 attentati e atti di violenza contro persone e cose, 111
attentati contro uffici di polizia, 333 contro sedi politiche e di sindacati,
871 attentati a persone, 45 sequestri, sono state uccise 37 persone.
Il 10 Gennaio 1979 a Roma restano uccisi due giovani di destra: il diciottenne Alberto Giaquinto in uno scontro con la polizia e Stefano Cecchetti attentato compiuto dai “compagni organizzati per il comunismo” che feriscono altre tre giovani di un gruppetto di missini nella zona di Monte Sacro. Il 16 Giugno muore, in seguito alle ferite riportate durante una aggressione dei “rossi”, avvenuta alcuni giorni prima, mentre era con la sorella sotto casa, il giovane missino Francesco Cecchin.
In Primavera,
si tengono le elezioni politiche anticipate che vedranno un leggero cedimento
del Msi. Malgrado la scissione di Democrazia Nazionale, che scompare avendo
raggiunto una percentuale dello 0,6%, il Partito reggerà più che
dignitosamente ottenendo, alla Camera 1.930.689 voti pari al 5,3% con 30
Deputati e al Senato 1.782.004 voti con il 5,6% e 13 Senatori. Il Partito
Comunista continuava la sua progressione e con 11.139.231 voti arrivò al
30,38%, mentre la DC con 14.046.291 si mantenne al 38,30%.
A Modena città
il Msi resta sul 2,6% con 3.422 voti, mentre la DC con il 26,3% e il PCI con
il 51,5% manterranno le posizioni raggiunte nel 1976. La formazione Democrazia
Nazionale, che pur sperava nella nostra città, per gli uomini di vertice che
si erano trasferiti in quella formazione dal movimento sociale, in un buon
successo, ebbe solamente lo 0,36% e 476 voti e in Provincia solamente lo
0,29%.
Dal 5 al 7
ottobre 1979, si tiene a Napoli il 12° Congresso del Movimento Sociale
Italiano al quale lo scrivente partecipò come rappresentante modenese della
corrente “Spazio Nuovo” di Pino Rauti. Pur essendo il partito guidato in
effetti dal “tandem” Almirante-Rauti, la contrapposizione tra le correnti
è abbastanza forte e il Congresso si chiuse, alla presenza del “leader”
del “Front National” francese, Jean Marie Le Pen, con la vittoria della
corrente almirantiana, pur restando quella di Rauti molto forte ed egemone
nell’area giovanile.
La distruzione del Palazzo della GIL (Gioventù Italiana del Littorio)
In ricordo dei giovani del MSI uccisi negli anni 70
UGO VENTURINI
(MSI - Genova 18.04.70, colpito alla testa da un sasso lanciato dai rossi durante un comizio di Almirante)
(Fronte della Gioventù - Salerno
07.07.72, ucciso acoltellate sotto casa da un anarchico e due militanti
(MSI - Roma 16.04.73, morti
nel rogo della loro casa, quartiere Primavalle, appiccato da appartenenti a
"Potere
(CISNAL - Reggio Calabria
31.07.73 aggredito da militanti rossi durante un comizio del PCI)
PAOLO DI NELLA (Fronte della Gioventù - Roma 02.02.83 ucciso vigliaccamente con un colpo di spranga da un gruppo di autonomi mentre al quartiere Trieste stava affiggendo manifesti sul verde pubblico. Morirà dopo 7 giorni di coma
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Le
mie scuole - Insegnamento scolastico ( di Bruno Zucchini)
Al
termine degli studi all’Isef di Roma, ebbe immediatamente inizio la mia
attività professionale, l’esordio nell’insegnamento avvenne in scuole di
Provincia, precisamente alla Scuola d’Avviamento Professionale “F.
Corni” di Mirandola e al Liceo Scientifico “Morandi” di Finale Emilia.
Tutte le mattine alle 6, prendevo il “trenino” della Sefta, assieme
ai colleghi di altre materie che si spostavano dalla città alle scuole di
Provincia, in circa un’ora si giungeva a destinazione.
Mi
trovai immediatamente molto bene nell’insegnamento e nell’inserimento
nella vita sociale di Mirandola, dove ebbi la possibilità di fare tante
amicizie. Rimasi in quella scuola alcuni anni, poiché dopo la morte di mio
padre avvenuta nel Febbraio del 1958, per forza di cose dovetti far fruttare
il mio diploma di Geometra.
Lo
stipendio della scuola era allora di 51.mila, lire non sufficienti al mio
mantenimento e a quello di mia madre. Aprii uno studio tecnico, iniziando così,
in contemporanea all’insegnamento l’attività di libero professionista,
che mi diede molte soddisfazioni, avendo progettato tante costruzioni a Carpi,
Ravarino e in particolare a Mirandola, dove, in collaborazione con l’impresa
Malavasi, ebbi il piacere di firmare vari progetti di costruzioni, anche di
pregio.
Era
un’attività frenetica, ma una volta ottenuto il trasferimento scolastico
alle Scuole “Cavour” di Modena, rallentai con l’attività di libero
professionista, aprendo ugualmente subito in città, in collaborazione con
Franco Bartolamasi, uno studio-negozio in Via Fonte d’Abisso chiamato
“Arte-Tecnica”, dove, assieme all’amico pittore e insegnante di disegno,
ci dedicavamo alla progettistica, sia di fabbricati, sia d’arredamento
d’interni, oltre al commercio, seppur ridotto, di oggetti d’arte, in
particolare quadri e ceramiche. Nella nostra “galleria” si trovavano
alcuni Sughi, Vespignani, Vanni, Gerra ed altri artisti che raggiunsero in
breve vasta notorietà.
Nel
negozio vicino lavorava, come parrucchiere, ma era sempre nel nostro ufficio,
un altro personaggio modenese, assunto a grande notorietà, il fotografo
Franco Fontana che ci portava a visionare per un giudizio, le sue prime
fotografie che avevano come tema la nostra città.
Ma
la società non ebbe vita lunga, dopo nemmeno due anni mi allontanai, giacché
non reggevo le due “passioni” del mio socio; il gioco dei cavalli e la
roulette. In varie occasioni, avevo già la 1100 usata, dopo aver passato
alcuni anni alla guida della mitica “Vespa” acquistata faticosamente a
rate, si andava a fare qualche “puntata” a Venezia, io limitandomi a
qualche giocata e a qualche visita al night club, l’amico, per accanirsi ai
vari tavoli del Lido o di Cà Vendramin. Fortunatamente non mi lasciai
prendere dal “demone” del gioco così, come detto, la società si sciolse.
A
seguire ci fu la mia ultima attività di progettista, assieme ad altri due
amici aprimmo uno studio professionale misto in Via Farini. Avevamo tre
stanze, con un'unica segretaria, l’ufficio tecnico del sottoscritto, lo
studio legale dell’Avv. Adriano Sciascia e lo studio del Dott. Carlo
Faglioni, commercialista.
Siamo
sempre andati d’accordo per il periodo trascorso in coabitazione, ma oramai
era diventata insostenibile la posizione d’insegnante di Ed. Fisica e quella
di libero professionista nel campo dell’edilizia; non era possibile essere
sul cantiere a seguire i momenti più importanti di una costruzione, quali le
fondazioni, la posa in opera dei solai, la copertura ecc. ecc., ed essere
presenti alle lezioni scolastiche. Dovevo letteralmente fare, i ”salti
mortali”.
Con
un certo rammarico, e senz’altro con una grossa penalizzazione sul piano
economico, chiusi completamente con l’attività di Geometra per dedicarmi
totalmente all’insegnamento.
La
mia indole irrequieta portò subito ad interpretare l’insegnamento
dell’attività motoria anche in chiave di libera professione. Malgrado
avessi avuto in quegl’anni, da parte di importanti Società del nostro
territorio quali “La Fratellanza” e la “Panaro”, proposte per
inserirmi come Tecnico nei loro ranghi avendo fatto anche un anno di
specializzazione a Roma per fare il Maestro di Scherma, (allora erano tutte
attività basate sul puro, o quasi, volontariato), dovetti rinunciarvi, in
rapporto alla mia precaria condizione economica.
Pensai,
pertanto, di dedicarmi alla libera professione nel campo dell’attività
fisica e sportiva e quando ancora le palestre non erano di moda, assieme ad un
appassionato “culturista”, Mauro Borsari aprimmo la prima palestra di
nuova concezione: l’”ATHLETIC CLUB”, in Via del Carmine di fianco alla
Chiesa di San Biagio, al secondo piano di un vecchio palazzo del centro
storico ed ex sede di un convento del “600 o “700.( di questa iniziativa
se ne parlerà nel capitolo apposito)
Già
in quegli anni ero direttore dei corsi nuoto nelle piscine modenesi; di questo
mio rapporto con il mondo delle piscine desidero parlarne con maggiore
puntualizzazione perché è stato uno degli aspetti più “significativi”
della mia carriera di insegnante.
Mi
sembra inutile sottolineare quanto sia importante, come il leggere e lo
scrivere, l’imparare a nuotare in età scolastica, la materia nuoto dovrebbe
essere inserita, a pieno titolo come materia obbligatoria, sin dalla prima
classe elementare. Oggi ci sono tante piscine e l’argomento, pur essendo
ancora lontano dall’essere risolto, rispetto agli anni cinquanta e sessanta
è decisamente migliorato.
Ritengo,
senza falsa modestia, per i riconoscimenti avuti da parte di tantissime
persone della società modenese ed anche al di fuori di questa, di essere
stato un valido istruttore di nuoto avendo raggiunto la responsabilità della
direzione di tanti corsi e per molti anni.
Devo
innanzi tutto fare una premessa e raccontare quello che è stato il mio
rapporto con l’acqua e il nuoto. All’età di 15-16 anni, quando ancora la
Piscina Comunale di Modena, quella scoperta in Via Dogali che era l’unica,
non era stata aperta a causa dei danni subiti dai bombardamenti aerei del
1944, noi ragazzini si andava a nuotare nei fiumi vicini alla città, o in
Secchia ai Rami o “spiaggetta”, o in Panaro al “conventino”, o alla
“filanda”.
Successe
che un giorno, in località Rami di Secchia, dopo aver fatto un’abbondante
colazione “al sacco” ci mettemmo a giocare a pallone, questo, a un certo
momento, colpito da un calcio maldestro, si andò a collocare al centro del
fiume. Mi tuffai per andare a prenderlo, quando, giunto a poca distanza dal
nostro “attrezzo”, vi era una forte corrente, probabilmente un “gorgo”
molto pericoloso nei fiumi, mi prese una forte congestione (non eravamo ancora
a conoscenza della pericolosità di entrare in acqua dopo mangiato durante la
digestione) che per poco non mi trascinò sotto; venni praticamente ripescato
dopo uno “spavento” fortissimo.
Per
alcuni anni, quando ci si recava in piscina, non mi azzardavo ad andare in
acqua alta, si era creata in mè una vera e propria psicosi, e quando qualche
amico, o mi prendeva in giro, o voleva aiutarmi, rifiutavo qualsiasi
spiegazione così che tanti non seppero mai di quella mia disavventura, quello
“choc” in Secchia era stato veramente devastante, in particolare a
quell’età.
Frequentando
in seguito l’Istituto Superiore di Educazione Fisica a Roma, durante le
esercitazioni delle ore di nuoto alla Piscina del Foro Italico, ebbi la
fortuna di trovare un insegnante, il Prof. Oberosler, al quale riuscii a
confidare la mia disavventura al fiume e la mia condizione psicologica
(ovviamente senza far presente il fatto ai miei compagni di corso). In breve
tempo mi diede la possibilità di riprendere confidenza con l’acqua alta,
tanto da superare, in seguito e brillantemente, l’esame di nuoto.
Qualche
tempo dopo l’uscita dall’Isef, fui chiamato per partecipare ad un corso di
aggiornamento e perfezionamento, per insegnanti di Ed. Fisica alla Piscina
Rivetti di Biella che mi diede realmente la possibilità di migliorare le mie
conoscenze tecniche e metodologiche, quanto a quelle psicologiche le avevo, già
da tempo, superate.
Al
mio ritorno a Modena venni contattato dal Prof. Rubens Pedrazzi, delegato
della Federazione Italiana Nuoto e della Federazione Italiana Canottaggio, che
mi diede l’incarico di dirigere i corsi di nuoto invernali alla Piscina
dell’Accademia Militare, che finalmente, dopo tante richieste si era decisa
ad aprire le porte di quell’impianto, in ore tardo pomeridiane, ai ragazzini
modenesi.
Passarono,
attraverso i miei corsi, sia in Accademia sia alle piscine di Via Dogali e
della Città dei Ragazzi, centinaia e centinaia di giovani e tantissimi
adulti, dai quali ebbi la soddisfazione di continui riconoscimenti per la mia
professionalità.
Questa
dovuta anche alla negativa esperienza al fiume, in quanto mi diede la
possibilità di fare affrontare, non solo attraverso le cognizione tecniche,
ma in particolare a quelle psicologiche che condizionano tanti ragazzi e tanti
adulti, l’apprendimento del nuoto nel miglior modo possibile.
Ebbi anche la fortuna di essere coadiuvato da straordinari collaboratori, ad iniziare dal mio collega e amico Prof. Argeo Tedeschi oltre a tanti nuotatori della “Rari Nantes” e della “Mutina Nuoto” quali: il “grande” Amedeo Buriani e il figlio Oriano, Dante Menotti, Marco e Riccardo Pedrazzi, Walter e “Nanni” Forghieri, Pino Tommasone e tanti altri.
Collaboravo,
con la “Rari Nantes” alla preparazione fisica di alcuni tra i migliori
elementi del nuoto modenese di quegli anni, assieme a Luciano Calveri,
allenatore della Società.
Ricordo
alcuni di quei giovani: Giordano Candi, Gianni Valducci, Roberto Caiumi, i
fratelli Coggi, Sergio Formenti, Guido Nizzola, Roberto Palone, Geminiano”
Nanni” Ragni e le ragazze Anna e B. Maria Aimi, Elisabetta Barbolini,
Doretta Dalla Rovere, Doretta Dotti, Maura Malpigli, Paola Ponzoni, Paola
Vellani scusandomi con quelli/e che non ho citato.
Feci
anche molte lezioni private ad adulti, al termine dei corsi scolastici e della
FIN, con qualche contestazione da parte di dirigenti comunali della piscina,
che criticavano il mio operato “in quanto mi facevo pagare le lezioni”.
Era
imperante la visione del “collettivismo” (per non dire di un comunismo
becero e “livellatore”) che in breve, si trasformò in una vera e propria
forma di capitalismo, anche per i “fustigatori” di costumi dell’ambiente
natatorio, poiché presero “in mano” quel settore creandone un
“business” notevole.
Le
piscine, le polisportive, diventarono gradualmente un territorio di conquista
da parte dell’”amministrazione rossa” che, sul nostro territorio, ha
lasciato ben poco spazio alle iniziative private o quanto meno alle forze
politiche di “altre parrocchie”.
Non
si è mai scavato a fondo in questo settore, tanto meno le minoranze che non
molto fanno, o non possono fare, per scoprire le magagne
dell’amministrazione locale, “padrona“ da sessanta e più anni, del
nostro territorio.
Feci
anche in quel periodo, assieme all’amico e medico Dott. Luciano Della Casa,
sempre in campo natatorio, un’indagine scientifica. L’amico era appena
tornato dalla Svezia portandosi, oltre ad altre conoscenze scientifiche in
campo medico, nuove metodologie sull’uso di una corretta e aggiornata
alimentazione dell’atleta. Approntammo la nostra ricerca su due gruppi di
nuotatori modenesi, era basata su di una indagine relativa
all’“integrazione glicidica del nuotatore agonista” che portò a ottimi
risultati, con buoni miglioramenti dei tempi di alcuni atleti e diede notevole
soddisfazione a chi l’aveva portata avanti.
L’impegno
per l’apertura della Palestra e di tutte le attività che si andavano via
via svolgendo, l’insegnamento scolastico e l’avvio di altre iniziative,
quali lo sci club e l’organizzazione delle “tradizionali Vacanze sulla
neve”, delle quali parlerò più diffusamente in altro capitolo, mi
costrinsero ad abbandonare l’attività natatoria che tanto mi aveva
coinvolto.
Prima
di entrare nel merito della carriera svolta nelle scuole modenesi desidero
parlare, nel contesto con il quale ho dato titolo a queste pagine, di alcuni
colleghi incontrati nei vari Istituti
Scolastici della città. Alla Scuola Media Foscolo, ero da alcuni anni in
quella scuola, arrivò per completare il suo orario, un giovane collega con il
quale instaurai una certa amicizia, sia perché era abbastanza vicino alle mie
idee, sia perché, allora, mi teneva in grande considerazione principalmente
per quanto riguardava il mio attivismo nell’ambito della “nostra”
materia. Veniva da fuori Modena, mi pare dalle Marche; cominciò in quei tempi
ad interessarsi di politica locale, iscrivendosi al Partito Socialdemocratico.
Si chiamava Giorgio Ariani, destinato ad una brillante carriera, politica e di
dirigenza sportiva. Le varie anime del socialismo modenese erano continuamente
in conflitto, i socialdemocratici nell’area centrista, i socialisti
nell’area di sinistra, travasi da una parte e dall’altra abbastanza
frequenti. Un giorno, si era al Campo Scuola di Atletica Leggera in occasione
di gare studentesche, l’amico Giorgio mi confida che sarebbe passato,
assieme all’artefice di molti di questi passaggi l’On. Maria Vittoria
Mezza, al Partito Socialista Italiano. Eravamo soliti commentare situazioni di
vario genere pertanto gli dissi che capivo perfettamente la sua operazione,
con il PSDI non era facile far carriera a Modena meglio con il PSI, con il
quale si poteva arrivare al traguardo dell’Assessorato allo Sport. La cosa
mi faceva piacere dal punto di vista e dell’amicizia e della nostra
partecipazione al mondo dello sport, anzi, se finalmente avesse potuto
raggiungere l’assessorato un nostro collega, sarebbe stata cosa positiva.
Nello stesso tempo gli dissi che, da un punto di vista dell’etica politica
non lo ritenevo un passo corretto specialmente verso quell’elettorato che
gli aveva dato un voto dichiaratamente anticomunista, mentre era risaputo che
i socialisti a Modena erano fortemente schierati con i comunisti. L’amico,
come previsto diventò assessore allo sport e ritengo sia anche stato un
ottimo assessore, potendo così affrontare una carriera
politico-amministrativa che lo portò alla Presidenza dell’AMCM così come
nella dirigenza sportiva, dove arrivò a alla Vice Presidenza della FIDAL, e
fu Presidente della S.S. “La Fratellanza” per lungo tempo.
In
anni precedenti, quelli dell’immediato dopoguerra, vi fu vera e propria
persecuzione nei riguardi di molti “colleghi” che avevano mantenuto una
certa coerenza, tanti di questi e cito i nomi di Walter Morselli, Orazio Coggi,
Emilio Tosatti, Primo Guerzoni, solamente perché loro stessi me lo
comunicarono, vennero “epurati”, con tutte le conseguenze economiche,
sociali e morali che si possono immaginare, da una commissione giudicatrice
dove vi erano, altri colleghi che, solamente qualche tempo prima, giravano in
“orbace” e si atteggiavano a Comandanti. Venni anche a sapere dalle
confidenze di questi colleghi i nominativi dei “giudicanti”che qui non
nomino, per carità di Patria.
Di
altri due colleghi, dei quali ho sempre rispettato la coerenza e l’onestà
intellettuale e professionale, devo darne menzione. Si tratta del Prof. Leo
Dignatici, collega, nei suoi ultimi anni di carriera all’Istituto Corni. Era
della zona di Montefiorino, partecipò alla lotta partigiana anche con ruoli
assai importanti: era un uomo schivo e riservato, non volle mai parlare con
nessuno del nostro ambiente di quelle sue esperienze.
L’altro
è stato il Prof. Primo Guerzoni, conosciuto a Mirandola nei miei primi anni
d’insegnamento; abitava in quella zona, a Mortizzuolo, aveva avuto ruoli
importanti nel periodo del ventennio fascista nell’ambito dell’E.F.
Nazionale. Uomo integerrimo e rispettatissimo da tutti. Rimase fedele alle sue
idee, fu responsabile del Movimento Sociale Italiano, per la zona del
mirandolese, per molti anni.
Scolasticamente
passai, in città, attraverso varie scuole: prima le Medie “Cavour” in
Viale Berengario, successivamente alle Scuole Medie “Foscolo”,
all’inizio, in Via Grasolfi, e in seguito sulla Via Giardini al vecchio
mulino “della Rosta”. I primi anni di Scuola Media dell’Obbligo, voluta
fortemente dalla politica nazionale degli anni sessanta, guidata dall’allora
premier Amintore Fanfani, (le scuole pilota di quell’esperimento, non
diedero risposte positive, resisteva ancora forte il dualismo tra la vecchia
scuola Media d’elitè e Scuola d’Avviamento Professionale, (che ha avuto
meriti nel dare una preparazione professionale adeguata ai ragazzini di 14
anni che entravano nel mondo del lavoro) diede un vero e proprio scossone a
tutta la Scuola italiana, comprese le Superiori, trascorsero nella
sperimentazione delle nuove metodologie d’insegnamento.
L’allora
Preside e poi Ispettrice Ministeriale, Prof.sa Romilde Coletti, aveva un
grande carisma e una fortissima personalità, supportata da una cultura
considerevole. Credeva veramente nel nuovo corso e fece di tutto per portare
la “ Scuola Media Foscolo” tra le scuole pilota di tutta Italia.
Il
mio rapporto con questa “Lady di ferro” della scuola modenese fu sempre
impostato ad un rapporto, reciproco, di grande stima e fiducia. Sosteneva
sempre, a spada tratta, i grandi valori educativi della mia materia,
considerata molto spesso di “Serie B”. Mi diede concretamente la
possibilità d’avere ampio spazio e paritetico, nei consigli di classe.
Furono
anni nei quali la collaborazione con gli insegnanti di tutte le altre materie
era improntata ad una vera e propria organizzazione di un collettivo, che
lasciava ugualmente largo spazio alle individualità creative ed operative di
tutti gli insegnanti.
Il
Prof. Francesco Saccani, poi Preside facente funzione quando la Prof. Coletti
andò a Roma e dopo Preside effettivo, il Prof. di lettere
….. Pianesani, il Prof. Alberto Vandelli di Francese e tutti gli
altri, fecero veramente di quella scuola Media una fucina di nuove e
stimolanti esperienze.
La
“longa mano” dell’amministrazione rossa arrivò dopo poco tempo; con il
cambiamento della presidenza e con il conformismo che stava dilagando a
macchia d’olio in tutta la scuola modenese, anche la Scuola Media Ugo
Foscolo andò velocemente trasformandosi in una succursale “pseudo
culturale” di Via delle Botteghe Oscure o, quanto meno, di Via Ganaceto o
Viale Fontanelli, sede del PCI targato Modena.
Combattei,
a quel tempo, molte battaglie improntate alla libertà di pensiero e di azione
che mi/ci veniva negata, molto spesso venni osteggiato per vari motivi
subdolamente politici, in quanto, personalmente, non ho mai cercato di
educare, né con le azioni né con il pensiero, i miei alunni, alla mia
visione ideologica.
Molta
parte degli operatori della scuola nella quale mi trovavo, dalla Segreteria ai
bidelli e anche alcuni insegnanti, mi furono vicini e solidali. Gli altri,
quelli che si andavano via via schierando al potere dominante, in altre parole
la sinistra tutta, cominciarono a mettermi i “bastoni tra le ruote”. Cito
un episodio, indicativo di come si stava avviando la “cloroformizzazione”
del corpo docente e di parte della cultura modenese.
I
quegli anni i vari presidi, ritenendomi all’altezza del compito, mi
affidavano l’incarico di organizzare e dirigere le gite scolastiche. Un anno
si doveva fare una gita in Liguria passando da Grazzano Visconti, luogo
d’interesse storico-turistico, quando, durante la riunione preliminare con
gli insegnanti accompagnatori e mentre si studiavano i tempi e le modalità
del percorso da effettuare, una di queste, già ben indottrinata, propose una
variante.
Si
sarebbe potuto fare, andando verso Grazzano Visconti, una piccola deviazione
per andare nel reggiano, a Campegine a visitare la casa dei fratelli Cervi,
uccisi in quella località dai fascisti e diventata uno dei luoghi simbolo
della “resistenza”, anche se non ne sono mai stati raccontati i risvolti
nella loro giusta cronologia e delle vere ragioni che portarono a quel tragico
episodio. Le risposi che sì, si sarebbe potuta fare una sosta in quel luogo,
ma che avremmo dovuto fare anche una seconda deviazione, per andare in quel di
Cento a visitare il sito dove, al termine della guerra, furono brutalmente
uccisi dai partigiani, sette fratelli fascisti. I fratelli Govoni.
Si fece silenzio assoluto. Nessuno dei presenti aveva mai sentito
nominare quei nomi e quel fatto e, mi si disse, cercavo solamente dei pretesti
e null’altro.
Spiegai
cos’era successo e come avvennero i fatti del secondo e sanguinoso episodio,
in conclusione, la gita si effettuò, senza le “due” deviazioni di
percorso, proposte.
Settimane Bianche alle Foscolo
Altro
episodio con attacchi che arrivarono anche sulla stampa locale, avvenne
l’anno che alunni delle scuole “Foscolo” avrebbero dovuto partecipare
alla “settimana bianca scolastica”, organizzata dal Provveditorato agli
Studi dove era coordinatore di Educazione Fisica, il Prof. Mario Bruno.
Si
portavano in montagna, sull’onda del progetto francese delle “semaine de
niege”, che avevano avuto vasta risonanza, gli alunni delle Scuole Medie
modenesi, inizialmente e per alcuni anni alle Piane di Mocogno sul nostro
Appennino, in seguito a Fai della Paganella, in Trentino, scolaresche al
completo, guidate da un Preside, ricordo i Presidi Alpisigoli e Carlo
Bertarelli, oltre agli insegnanti di tutte le materie curricolari, assieme
agli insegnanti d’Educazione Fisica specializzati nello sci, il Prof. Orazio
Coggi, il sottoscritto, il Prof. Bartolomeo Candeli di Pavullo e in seguito, i
Prof. Gaetano Gibertini e “Nanni” Forghieri.
La
contestazione si avviò perché i “sinistri” avvertivano una
discriminante, in quanto avrebbero partecipato solamente alunni di famiglie
“benestanti” ed economicamente in grado di sostenere la spesa di quella
(veniva considerata una vacanza e non una forma di studio diversificata e in
un ambiente stimolante) iniziativa, gli ”altri” non avrebbero potuto
partecipare.
Non
era assolutamente vero, in quanto il Provveditorato agli Studi Ufficio E.F.
avrebbe sovvenzionato, (all’insaputa degli alunni) i figli di quelle
famiglie che non erano in grado di affrontare quella spesa, dando loro la
possibilità di vitto e alloggio, oltre all’attrezzatura come gli sci, che
erano dati a tutti, scarponi e giacche a vento. Non fu null’altro che una
risibile e strumentale polemica e non raggiunse lo scopo; nell’immediato
futuro le organizzazioni guidate dal potere politico locale si motivarono per
organizzare, come fecero, iniziative similari, portando a Sestola, nella sede
dell’ex colonia del Castello, alunni delle scuole, dove i partecipanti
tutti, borghesi e proletari, versavano le quote ad “hoc”.
Questa
era la scuola modenese negli anni “60 all’inizio della massiccia
“penetrazione ideologica” di marca stalinista.
Finito il periodo “foscoliano”, ottenni il trasferimento all’Istituto Magistrale “C. Sigonio” con sede in Via Saragozza nel centro storico di Modena, frequentato, in maggioranza, da ragazze anche se a quel tempo vi era ancora una buona componente maschile. L’istituto Magistrale, dove si formavano i futuri maestri, prevedeva per l’insegnamento dell’Ed. Fisica, tre ore di lezione settimanali, due pratiche ed una di teoria. Le due–tre palestre erano situate al piano terra del vecchio edificio in sale non propriamente adatte a svolgere nel modo migliore le lezioni di ginnastica, ma, attraverso l’ausilio del cortile interno, adatto a svolgervi varie attività all’aperto, fu possibile portare avanti, dignitosamente, il programma educativo. Le ore in quei locali ce le dovevamo contendere tra maschi e femmine, contrariamente ad oggi vi era netta distinzione tra l’attività dei due sessi, e spesso con le colleghe ci si disputava l’utilizzo delle poche attrezzature disponibili, frequentemente dovevo “cedere” dato che ero solo con le varie insegnanti, Anna Goldoni, “Checca” Bevilacqua, Gabriella Zanasi, e Cecilia Guidetti. Le ore teoriche si svolgevano in classe, ed erano, in linea di massima, sufficientemente tollerate dai ragazzi che, naturalmente, prediligevano l’attività pratica.
Erano gli anni della “contestazione studentesca” e, all’Istituto Magistrale, pur non raggiungendo il livello di guardia di altri Istituti scolastici modenesi, qualche presenza di componenti i gruppi “extraparlamentari”, del tipo “potere operaio” e altri, era presente in quella scuola, tradizionalmente “tranquilla”.
Durante le lezioni teoriche qualche dibattito interno alla classe, con risvolti politico-ideologici si sviluppò, sempre “portato avanti”, come si solevano esprimere allora gli studenti, da alcuni elementi politicamente “impegnati”. Erano anni di violenza e di contestazione, in specie verso gli insegnanti e quelli di “destra” erano decisamente presi di mira; un mio collega, compagno di corso, a Roma fu “gambizzato” proprio in quel periodo.
A Modena, situazioni particolarmente pesanti e di violenza gratuita, come al contrario sono successe nelle grandi città, non accaddero.
Un giorno, all’Istituto Magistrale, dove di norma studenti e studentesse uscivano dalla scuola in occasione degli scioperi, principalmente per farsi un giorno di vacanza, capitò al sottoscritto di essere al centro di un episodio, che fortunatamente non portò conseguenze, ma che aveva tutti i presupposti per arrivare a situazioni più pesanti. Avevo terminato, quella mattina, le mie lezioni e dopo un passaggio in Segreteria, mi trovai lungo i corridoi a dover fronteggiare, un gruppo di “miei” alunni vocianti con in testa i due o tre “capoccia” che stavano mettendo in atto il cosiddetto “sciopero selvaggio”. Avevano già, “letteralmente”, “tirato fuori”, dalle aule alcuni insegnanti, uno addirittura trascinato per il “cravattino” (tra l’altro uomo di sinistra), cercando di far uscire le varie scolaresche per andare ad una delle tante manifestazioni di quel periodo. Vi era a quel tempo, con autorizzazione ministeriale, la possibilità di “autogestirsi” scioperi improvvisi, ma sempre dopo aver ottenuto il benestare della dirigenza scolastica.
Alla mia domanda relativa a cosa stessero facendo, i ragazzi mi risposero che stavano per entrare nella classe davanti alla quale c’eravamo fermati; chiesi loro se avessero avuto l’autorizzazione della Preside. Nò, nessuna. La Preside, Prof.sa Santoro era a Roma al Ministero, il Vice Preside Prof. Francesco Zambrano era in Provveditorato. Che cosa fare? Mi dissero di lasciarli passare e di mettermi in disparte: ero, in quel momento, un docente di quella scuola che doveva assumersi, correttamente, una qualche responsabilità in assenza della dirigenza scolastica. Presi la decisione di mettermi, a braccia larghe, davanti alla porta della classe nella quale volevano entrare, promettendo loro, che ci sarebbe stata una mia reazione se mi avessero “toccato”. La maggioranza del gruppo, erano miei studenti e dei bravi ragazzi, mi conoscevano molto bene, vista anche la mia determinazione, decisero di soprasedere all’iniziativa dopo aver ascoltato le mie parole, che fecero capire loro, data la mancanza dell’autorizzazione, che avrebbero potuto avere conseguenze disciplinari. Uno o due, recriminarono, ma le classi non uscirono e lo sciopero, almeno all’Istituto Magistrale, non si effettuò.
Al termine delle lezioni, all’uscita degli studenti, ci fu una distribuzione di volantini, ciclostilati in fretta nella sede dell’organizzazione alla quale appartenevano quei pochi ragazzi politicizzati, che “stigmatizzava”, per usare un eufemismo, il comportamento del Prof. Zucchini, che quella mattina aveva ”represso” le giuste rivendicazioni degli studenti in lotta.
Il "Tu" agli Insegnanti e la contestazione studentesca
Si era, dunque, al centro del “rinnovamento” quando arrivò la moda del “tu”; gli insegnanti andavano trattati “alla pari”. All’inizio dell’anno, nel pieno dell’”ubriacatura” post sessantottina, alcune classi mi si presentarono davanti proponendomi “il nuovo verbo”: “Guardi Prof. che molti insegnanti accettano, di buon grado, di essere trattati “alla pari”, Lei cosa ne dice, ci trattiamo da amici anche noi?
Rimasi molto sorpreso da questa richiesta, risposi loro più o meno in questi termini: “Sia ben chiaro, sin da oggi, che da me non avrete mai questo tipo d’autorizzazione, per svariate ragioni, innanzitutto non abbiamo la stessa età, non ci frequentiamo né per strada, tanto meno nei locali dei vostri incontri, non mangio a casa vostra, i nostri ruoli sono totalmente diversi. Io rispetto, come ho sempre rispettato, voi come alunni e voi dovete rispettare chi è dall’altra parte della barricata. Sono stato giovane anch’io e le mie ribellioni le ho avute, ma gli insegnanti, gli adulti, i vecchi, li ho sempre rispettati. Che ci si debba mettere alla pari per una interpretazione puramente politica e partitica, per me, non è il caso. Gli altri insegnanti sono liberi di accettare questa “novità”. In poche parole io sono l’insegnante e voi gli allievi. Di conseguenza scordatevi di potermi dare del tu”.
Mugugni da parte dei ragazzi, poi tutto continuò nel solito modo. Arriviamo a fine anno, classica cena finale di addio dei maturandi con la presenza degli insegnanti, al termine della conviviale, nella lunga tavolata si trovano, da una parte l’insegnante di lettere “permissivo” che aveva dato la famosa autorizzazione, con due tre ragazzi, dall’altra il “reazionario” con intorno la maggioranza degli alunni.
“Prof, mi dissero, si ricorda della nostra richiesta all’inizio dell’anno relativamente alla proposta di darci reciprocamente del tu? e che l’insegnante dall’altra parte del tavolo ce lo permise e Lei no? Bene aveva perfettamente ragione, quell’insegnante “nostro amico”, che tra l’altro ci doveva insegnare una delle materie principali del nostro corso di studi, ora che è diventato “uno dei nostri” viene trattato, come si suol dire a pesci in faccia. Lo mandiamo “a quel paese” quando vogliamo, in conclusione, e questo è molto più importante, non abbiamo raggiunto quella preparazione adeguata per affrontare il prossimo esame di stato.
Con Lei è stato diverso, non ci diede l’autorizzazione al trattamento “alla pari” e oggi gliene diamo atto positivamente, poiché il rispetto umano, è molto più verso di Lei, che nei riguardi del “nostro amico”. Quell’insegnante di lettere, tra l’altro molto bravo per le sue competenze specifiche e da sempre considerato un valido docente, si squalificò di fronte agli alunni, e un “maestro di zompi” riuscì ad ottenere, seppure in quel difficile contesto, rispetto, comprensione e solidarietà da parte degli alunni “contestatori”, ma pur sempre giudici imparziali verso i loro insegnanti.
Ebbi ugualmente, in quella scuola, tantissime soddisfazioni anche per il buon rapporto creatosi con la Preside Santoro, la seconda “Lady di ferro” modenese da me conosciuta, con la quale, dopo alcuni anni ci si trasferì al Liceo Scientifico “Tassoni”.
Molti miei allievi dell’Istituto Magistrale seguirono la mia strada, iscrivendosi agli ISEF, diventando miei colleghi negli anni successivi e molti di loro hanno compiuto o stanno compiendo, brillanti carriere scolastiche e nel mondo dello sport, come, Giuliano Corradi, allenatore del settore salti della “Fratellanza” e responsabile di aver fatto vestire la maglia azzurra a tanti atleti modenesi; e gli insegnanti, Claudio Sgarbi uno degli artefici della crescita della Pallamano modenese, Vecchi, Santi ed altri ancora.
La popolazione scolastica maschile, all’Istituto Magistrale, si stava gradualmente riducendo, di conseguenza chiesi il trasferimento al Liceo Tassoni, dove arrivai nel 1972, anno di nascita del mio secondo figlio, assieme alla Preside Santoro.
In questo Liceo, che stava per “scoppiare”, data l’eccessiva popolazione scolastica che lì si era concentrata, mi trovai ad usufruire, in “coabitazione”, la palestra e il campetto esterno, con due “grandi vecchi” della scuola modenese, il Prof. Franco Anderlini e il Prof. Aldo Santunione assieme ad altri due colleghi e amici, coetanei o quasi, il Prof. Argeo Tedeschi e il Prof. Silvano Mazzi, con i quali ci fu sempre un perfetto accordo.
Con la Preside, come detto, ero in totale sintonia, anche per gli anni precedenti all’Istituto Magistrale e questo rapporto, lo sta a dimostrare l’episodio che segue, che evidenzia, se ce ne fosse bisogno, la difficoltà nella quale si trovava la scuola italiana in quegli anni.
La scuola Media dell’Obbligo, della quale, tra l’altro, n’ ero stato uno degli artefici negli anni della sua sperimentazione, alle scuole Foscolo, aveva creato, nel bene o nel male, un aumento considerevole e sproporzionato degli studenti della Scuola Superiore.
Verso la fine dell’anno scolastico la Preside mi convocò in presidenza dove mi fece leggere una circolare ministeriale “riservata” nella quale s’invitavano i Presidi degli Istituti Superiori di essere, durante gli scrutini, di “manica larga” di conseguenza cercare di far ottenere la promozione al maggior numero di alunni in particolare a quelli del “biennio”.
La preside sapeva bene che il sottoscritto, nei vari consigli di classe nei quali era presente, era molto attivo nel sostenere e difendere la posizione degli alunni, in particolare di coloro che, svolgendo attività sportiva, non erano ben allineati con il corso degli studi, in alcune materie. Mi chiese pertanto di darle collaborazione, in questo difficile compito, poiché si trattava di, “invogliare”, convincere, quelle-quegli, insegnanti “tradizionalisti”, inflessibili quando presentavano, allo scrutinio finale, alunni con dei “due” o dei “tre”, difficilmente nelle loro materie, trasformabili in sufficienza.
L’operazione, seppure con tante difficoltà, andò in porto e, se si escludono casi sicuramente “disperati”, riuscì a sanare tante situazioni e far in modo che molti alunni, che solamente l’anno precedente sarebbero stati “bocciati”, riuscirono ad avere la possibilità di proseguire il loro curricolo scolastico.
Il Liceo Scientifico Ho Chi Min
La situazione al Tassoni era oramai insostenibile, difatti l’anno dopo, fu istituito il “Secondo Liceo Scientifico” modenese che andò a collocarsi, come sede provvisoria che si prolungò per parecchi anni, nei locali del “San Carlo” sopra i Portici del Collegio, con ingresso in Corso Canalgrande, da dove entravano anche le merci dei Magazzini Standa, sottostanti.
Mi trasferii nella sede di questo nuovo Liceo, dove la Palestra fu sistemata nel “teatrino” di quell’istituto. Una splendida sala dalle architetture di pregio, ma che niente aveva a che vedere, con la palestra. Nulla o quasi come attrezzature, inesistenti o quasi gli spogliatoi, nessuna doccia, fare “attività motoria” in quelle condizioni era veramente un’impresa disperata.
Ci adattammo, e fu possibile, avendo trovato anche una buona collaborazione con i ragazzi delle varie classi, che in quegli anni erano particolarmente irrequieti, svolgere dignitosamente l’ora di “ginnastica”.
Preside fu nominato il Prof. Don Alberto Leonelli. Uomo di cultura e di Chiesa che avevo già avuto il piacere di conoscere in età giovanile, quando frequentavo, in Via Ganaceto, la Chiesa dei Frati Cappuccini e i Cordigeri.
Le difficoltà, di quella sede, non erano indifferenti, questa scuola “improvvisata” mancava di molte delle norme igieniche sanitarie e di sicurezza che dovevano, anche allora esser tenute presenti e che erano assai carenti, anche se si spendevano cifre da capogiro per l’affitto di locali certamente non idonei allo scopo.
Ad un certo momento si dovette pensare quale denominazione dare a questo “secondo liceo”. Erano gli anni della strumentalizzazione delle sinistre, delle masse studentesche, che avevano fagocitato nella loro area, anche per la responsabilità di tanti insegnanti schierati e politicizzati, molta parte degli studenti che dopo il “68, continuavano con manifestazioni e scioperi a getto continuo, nella loro visione di rivoluzione del sistema borghese e capitalista (che era in realtà, quasi esclusivamente, il loro).
Quella del 68” è stata una falsa rivoluzione perché sono riusciti solamente a rinforzare quel sistema, che, a parole dichiaravano di voler abbattere; molti dei responsabili di quel periodo si rivelarono solo degli opportunisti, al momento giusto hanno fatto le loro importanti scalate nel mondo politico ed economico, prima contestato, poi sposato completamente.
Quasi ogni giorno vi erano manifestazioni a favore del Vietnam e contro gli americani, folle di studenti sciamavano lungo la Via Emilia, scandendo i loro slogan “pseudo-rivoluzionari” ben guidati dai rimestatori politici, proprio sotto le finestre del nostro, “teatrino-palestra”, che si affacciavano sul corso principale della città e da quelle finestre, molti dei giovani che non partecipavano alle sfilate o “carnevalate” e preferivano svolgere l’ora di “ginnastica”, si limitavano ad osservare, assieme al loro insegnante, il “belare” dei coetanei per le strade del centro di Modena.
Tra gli insegnanti, ovviamente, vi era politicizzazione, anzi molti tra questi erano i veri portavoce di quel “verbo”, normalmente colorato di rosso, con il quale andavano “educando” e strumentalizzando, quelle giovani generazioni.
Alle riunioni del Consiglio d’Istituto o Collegio Docenti, per dare un nome al nostro Liceo, spuntò, proposto dalla “componente marxista”, il nome di: “Ho Chi Minh”, questa scuola avrebbe dovuto così titolarsi, secondo l’interpretazione “pseudo-rivoluzionaria”, dato che bisognava dare un segnale forte alla società modenese, dando un colpo di spugna alla tradizione e al passato, anche attraverso la denominazione di un Istituto scolastico. La squadra “rossa” era abbastanza agguerrita e ne tirava le fila un’insegnante di lettere, convinta sostenitrice del “nuovo verbo”.
Gli “altri” condussero una battaglia fatta di incontri, di scambi di idee, di ribellione ad una interpretazione esasperatamente politicizzata su tale argomento. Le riunioni si succedettero alle riunioni e finalmente si “tagliò il traguardo” di quella strana gara, con la vittoria del gruppo che sosteneva e sottolineava la modenesità della nostra scuola.
Il secondo Liceo fu denominato, e ancora oggi porta quel nome, “Liceo Scientifico Wiligelmo”.
Esattamente in quegli anni ebbi la soddisfazione di vedere concretizzata un iniziativa che mi stava molto a cuore. Anche nella famiglia degli insegnanti d’educazione fisica della scuola modenese esistevano conflittualità, divergenze, disinteresse a certe problematiche quali, il miglioramento della nostra condizione economico-sociale, del miglioramento delle nostre conoscenze scientifiche-metodologiche, in fondo gli aspetti del miglioramento culturale della nostra disciplina.
Centro Studi per l'Educazione Fisica
Le due associazioni di categoria, ANEF e ANDES-ISEF, avevano fatto il loro tempo. Ecco che, assieme ad un nutrito gruppo di colleghi riuscimmo a dar vita al “Centro Studi per l’Educazione Fisica e Sportiva”, organismo che, come presupposto, aveva la precisa volontà di andare alla ricerca della valorizzazione, nei suoi molteplici aspetti, dell Educazione Fisica attraverso, incontri, convegni, seminari e iniziative tali da portare un reale contributo al miglioramento culturale della categoria.
Dopo una serie di riunioni preliminari e attraverso la costituzione, con atto notarile, del Centro Studi, iniziammo un’intensa programmazione delle attività.
Ebbi la soddisfazione di essere nominato Presidente del Centro, che contava la presenza di tanti personaggi di rilievo dell’ Educazione Fisica e Sportiva modenese.
Vice Presidenti erano: il Prof. Luciano Gigliotti e Prof.sa Anna Giberti; Segretario Organizzativo il Prof. Giorgio Ariani; Segretario Amministrativo il Prof. Argeo Tedeschi; Consiglieri i Prof.ri: Anna e Bruno Goldoni, Fernando Ponzoni, Paola Bernardi, Romano Tagliazucchi, Antonio Brandoli, G.Carlo Bergonzini, Daniela Corradi, Secondo Cerrato, e Angela Pezzuoli.
La sede era presso la sala riunioni della S.S. La Fratellanza che, l’allora Presidente Avv. Camillo Sivelli, ci aveva gentilmente messo a disposizione.
Istituto medico Psico-Pedagogico di Casinalbo
Ancora in quegli anni feci un’esperienza particolare, interessante da un lato, ma nello stesso tempo alquanto difficile per le mie caratteristiche e per il mio bagaglio di conoscenze.
Fui contattato da certo Dott. Lasagni, Direttore dell’Istituto Medico Psico-pedagogico di Casinalbo. La direzione di quell’Istituto desiderava inserire l’attività motoria in quel centro dove vi era una grossa concentrazione di ragazzi e ragazze, provenienti da ogni parte d’Italia, con problematiche di ogni tipo. Caratteriali, disadattati, handicappati, insomma una folla di giovani tenuti in un ambiente, ampio, ordinato e pulito sì, ma caotico per altri aspetti.
Il
mio compito fu quello di istruire, coordinare e seguire i maestri e gli
assistenti, con delle lezioni che potessero portare questo personale,
attraverso delle conoscenze tecniche, metodologiche e didattiche, atte a
svolgere un programma di insegnamento dell’Educazione Fisica, alle loro,
“particolari” classi, oltre a dover controllare quanto andavano facendo
per arrivare alla conclusione dell’anno scolastico con una manifestazione
finale, il “saggio”, che si tenne nel cortile interno dell’Istituto, in
un pomeriggio di fine maggio, con la presenza di genitori, personale
dell’Istituto e “autorità”.
Fu
un’esperienza “diversa”, mi trovai a contatto, per la prima volta, che
rimase anche l’unica, con un mondo che non conoscevo, un mondo molto
difficile per i contatti umani e per i rapporti con il personale addetto. Gli
stessi maestri, assistenti, “kapo” non saprei come chiamarli, provenivano
dalla frequentazione e dall’inserimento prima come allievi di questi
Istituti particolari, di conseguenza non fu facile dare loro quelle nozioni
atte a portare avanti una corretta lezione di educazione fisica.
Cercai
di impegnarmi al massimo, lessi e studiai molti testi relativi a quel
“mondo”. Di tanto in tanto svolgevo personalmente alcune lezioni
“dirette”, a quelle, per mè “anomale classi”; non fu facile arrivare
a portare maestri e allievi ad un accettabile e logico ordine motorio.
L’esperienza ebbe termine, come detto, con l’effettuazione del
“saggio” finale, che contrariamente alle mie aspettative, ottenne un
clamoroso successo.
Non
accettai l’invito a proseguire quell’attività per l’anno successivo
dato che avevo notato in quell’ambiente, anche se non ero entrato
direttamente a contatto con i più “difficili”, aspetti comportamentali e
metodologici del personale addetto, che non mi piacevano. Dopo qualche tempo,
forse due o tre anni, venni a sapere, dato che la storia finì sui giornali,
delle “grane giudiziarie” che ebbe quel direttore, e in seguito
l’Istituto di Casinalbo, venne definitivamente chiuso.
Dopo
gli anni di Liceo ritornai alla Scuola Media, alle Pasquale Paoli in Viale
Reiter, scuola di prestigio, guidata, al momento della mia entrata, da un
personaggio importante del mondo della cultura modenese, il Prof. Francesco
Merelli, con il quale instaurai immediatamente un ottimo rapporto; era però
il suo ultimo anno di scuola prima del pensionamento. Nei consigli di classe
ero messo alla pari con tutti gli altri colleghi delle materie
“cosiddette” più importanti, mi fece dirigere svariate gite scolastiche e
in particolare mi diede l’incarico della direzione della ”Settimana
bianca” della scuola.
Questa
attività era passata, dopo gli anni di coordinamento dell’ufficio E.F. del
Provveditorato agli Studi, alla diretta gestione di ogni singola scuola.
Quell’anno, la Scuola Media Pasquale Paoli scelse la località di Andalo-Fai
della Paganella. Vi fu una buona partecipazione degli alunni di tutte le
classi e, oltre alla presenza degli insegnanti di tutte le materie, vi era
anche la presenza, ma in alberghi diversi, di alcuni genitori. Mi colpì in
quella circostanza una situazione che in quegli anni era abbastanza di moda.
Si
erano verificati, in Italia, numerosi sequestri di persona anche di
giovanissimi, di conseguenza molte famiglie “abbienti” avevano iniziato a
servirsi di guardie del corpo o “body guard” o “gorilla” come venivano
comunemente chiamati. Anche i modenesi, “abbienti”, seguirono questa forma
di “assistenza”, che in tanti casi non fu altro che “un apparire” uno
“status symbol”. In certi ambienti, poter dire che avevi la “guardia del
corpo”, dava un certo tono.
Orbene
anche a quella settimana bianca, vidi, al seguito, molto circospetti ma nello
stesso tempo ben identificabili dal loro girare spaesati e fuori posto in quel
particolare ambiente montano, alcuni di questi personaggi alle
“dipendenze” di qualche genitore, per il loro controllo e quello dei loro
“rampolli”.